In questi mesi abbiamo si è a lungo parlato dei molteplici effetti del coronavirus, che può danneggiare ad esempio anche il cuore. Ma non abbiamo mai avuto l’idea di cosa ciò voglia dire esattamente. Lo sanno bene invece i cardiologi lombardi, che hanno avuto a che fare durante la fase più acuta dell’emergenza Covid con casi mai visti prima. «Abbiamo visto infarti completamente diversi da quelli che eravamo abituati a vedere. Gli facevamo la coronarografia e vedevamo poltiglia di trombo», dichiara Claudio Cuccia, direttore Dipartimento cardiovascolare della Poliambulanza di Brescia, come riportato dall’AdnKronos. I cardiologici lombardi hanno notato una risposta trombotica molto più alta nei pazienti con Sars-CoV-2. Il problema è che non tutte le incognite sono state risolte. «Ora non sappiamo ancora quali segni ha lasciato Covid per il futuro». Ne ha parlato in occasione dell’incontro tra l’assessore al Welfare della Regione Lombardia, Giulio Gallera, e i rappresentanti di 13 centri individuati come hub in cardiologica per le cure in pandemia.
CARDIOLOGI LOMBARDIA “PER COVID INFARTI MAI VISTI PRIMA”
Tuttora i cardiologi lombardi accolgono pazienti con episodi di dolore toracico particolari: «Corrispondevano a degli infarti nei mesi di marzo-aprile-maggio, hanno resistito a casa ma non avendo potuto usufruire di cure immediate oggi arrivano con una disfunzione cardiaca molto importante e tardiva». È la testimonianza di Carlo Mario Lombardi, dell’università degli Studi di Brescia e Cardiologia Spedali Civili. Qui è stato descritto il primo caso di miocardite da Covid-19, di cui discutemmo col dottor Felice Achilli del San Gerardo di Monza. Luigi Poltrona Visconti, direttore Struttura complessa Cardiologia del Policlinico San Matteo di Pavia, parla invece in un risultato impressionante: «La fase ospedaliera ha un dato di mortalità e shock cardiogeno totalmente sbilanciato per questi malati positivi al virus. Si parla di 32% di mortalità: sono dati da infarto degli anni ’40-’50, normalmente oggi la percentuale oscilla dal 3 al 6%». C’è stato poi il problema dell’arrivo tardivo in ospedale, di pazienti con infarti non curati che avranno a che fare con danni.
Si pone poi un problema per il futuro: «È possibile che questa infiammazione che ha preso pazienti gravi sia veicolo di qualcosa che può ripresentarsi anche a livello extra infettivo. I segni a livello vascolare, cerebrale, cardiaco, renale ci sono stati, li abbiamo visti», dichiara Cuccia. Peraltro, il coronavirus è stato particolarmente aggressivo nei cardiopatici, infatti sono stati registrati tassi di mortalità elevati soprattutto a marzo e aprile. «Dovremo adesso gestire il follow up dei “sopravvissuti” e capire quali sequele non solo cardiologiche avranno. E probabilmente costruire percorsi dedicati ai cardiopatici colpiti da Covid». E infatti il Niguarda indaga sui danni a lungo termine. Per ora tra l’altro i cardiologi lombardi assistono a «recuperi molto lenti, in alcuni la funzione cardiaca si è ridotta a seguito dell’infezione». Ma c’è ancora tanto da scoprire.