I dati degli ultimi giorni indicano una risalita dei contagi: ieri 60.191 nuovi casi rispetto ai 46.631 del martedì precedente; 22.083 lunedì 7 marzo (contro 17.981); 35.057 domenica 6 marzo (contro 30.629) e 39.963 sabato scorso (a fronte di 38.375). Si registrano anche 184 nuove vittime, che portano il totale dei morti per Covid in Italia a 156.201. Nelle ultime 24 ore sono stati effettuati in totale 531.194 tamponi, tra molecolari e test antigenici, con un tasso di positività all’11,3%.
Fortunatamente tornano a calare ricoveri ordinari (-213) e terapie intensive (-18), mentre gli attualmente positivi sono 1.011.521 (+3.161). Secondo la Fondazione Gimbe, “la pandemia non è ancora finita e in Italia la circolazione virale è ancora molto alta”, ma con “la drammatica situazione in Ucraina che ha catalizzato l’attenzione pubblica, si rischia un grave calo di attenzione nei confronti del Covid, che è un problema tutt’altro che risolto”. E’ proprio così? Che cosa sta succedendo? E’ un trend che deve preoccupare e che può portare a mettere in discussione la fine delle restrizioni e dello stato di emergenza? Lo abbiamo chiesto al professor Antonello Maruotti, ordinario di Statistica all’Università Lumsa e cofondatore di StatGroup19, gruppo inter-accademico di ricerca statistica sulla pandemia.
Aumentano i casi di Covid. Cosa sta succedendo? Era un aumento atteso?
Per la prima volta nell’ultimo mese e mezzo, il numero di positivi registrati il lunedì è in crescita rispetto al lunedì precedente. Il dato del lunedì, preso da solo, non è molto informativo, ma, se confrontato con i dati dei lunedì precedenti, ci fornisce un andamento sulla settimana che ci attende. Gli ultimi giorni hanno mostrato i primi segnali di aumento dei casi di Covid in quasi tutte le Regioni, seppur con andamenti molto diversi da Regione a Regione. E’ il primo segnale di un’inversione di tendenza, che però non sappiamo ancora quanto duratura e di quali proporzioni. Dopo settimane di discesa continua, anche a velocità sostenuta, questa settimana, dal 7 al 13 marzo, sarà la prima con una curva dei contagi in risalita, probabilmente anche marcata.
E’ solo un colpo di coda del Covid?
Non è ancora chiara la causa scatenante di questa risalita. Si può lavorare su due ipotesi realistiche. In primis, la copertura vaccinale contro le infezioni sia lievi che sintomatiche per la variante Omicron diminuisce molto rapidamente e, come mostrato dai dati provenienti dal Regno Unito, crolla dopo le 10 settimane dalla dose di richiamo. Questo fa sì che, in questa fase, la popolazione suscettibile sia in costante aumento, perché ormai sono molti milioni i cittadini che hanno fatto la dose di richiamo da 3 mesi o più. Il virus trova quindi nuovamente terreno fertile.
E la seconda?
L’altra probabile causa è legata alle scelte effettuate sulla gestione dell’epidemia nelle scuole. Si è deciso di eliminare la Dad, visto che è praticamente impossibile veder soddisfatte le condizioni per attivarla. Questo ha un impatto evidente sull’andamento dei contagi nelle classi di età più giovani. Il 30% dei nuovi casi riguarda gli under 19. Basti pensare che nel mese di gennaio, ad esempio, abbiamo avuto lo stesso numero di casi negli under 19 che nei due anni precedenti di pandemia.
Potremmo andare incontro a un nuovo picco?
Ancora è presto per definire le dimensioni di questa risalita. A breve capiremo se si tratta di una mini-ondata o meno. I dati di questa settimana ci daranno un’indicazione importante in tal senso.
E’ un fenomeno solo italiano o il trend si osserva anche in altri paesi?
Regno Unito e Germania mostrano un andamento in chiara crescita. Il trend italiano è ancora in via di definizione. Ogni volta che c’è un repentino cambiamento nella concavità, nell’andamento della curva, dobbiamo attendere qualche giorno per capire se le variazioni sono casuali o se invece sono i primi segnali di un cambio di tendenza duraturo. Purtroppo, il secondo caso è il più probabile, al momento.
Visto che tornano a salire anche ospedalizzazioni e ricoveri in terapia intensiva dobbiamo preoccuparci?
Il vaccino protegge dalla malattia più grave. Non c’è da allarmarsi, quindi, per la situazione ospedaliera nel prossimo futuro. Tuttavia, laddove il numero dei casi giornalieri tornasse su valori di metà gennaio, allora dovremmo pensare a nuove misure per il contenimento dell’epidemia nei suoi casi più severi. Le ospedalizzazioni sono comunque destinate a salire, in corrispondenza di una risalita dei contagi, ma sappiamo già che la variante Omicron è meno aggressiva. Quindi, solo una piccola quota di casi si tramuta in ospedalizzazioni.
Sono numeri che potrebbero rimettere in discussione la decisione di allentare le restrizioni e di non prorogare lo stato di emergenza dopo il 31 marzo?
Credo sia necessario ripensare l’uso del Green pass. Il suo effetto si è esaurito. Doveva dare una spinta alla campagna di vaccinazione e, in parte, lo ha fatto. Per alcune categorie, invece, è necessario mantenere delle restrizioni, sia per proteggerle da eventi avversi gravi, sia per garantire le persone più fragili. Quanto allo stato di emergenza, non verrà prorogato, ma smantellare l’intera struttura commissariale sarebbe un errore.
Perché?
Rischiamo di non aver strumenti da mettere in campo in tempi rapidi, laddove fosse necessario. Bisogna sicuramente pensare a nuove forme di gestione dell’epidemia, in un’ottica di convivenza con il virus. Il vaccino ci ha dato una grossa mano, ma ora sta perdendo la sua efficacia contro il contagio e ne dobbiamo tenere conto quando parliamo del futuro che ci attende. Purtroppo, il vaccino è ora un’arma un po’ spuntata e non più il bazooka che ci ha salvato nel momento più critico di questi due anni di epidemia.
C’è chi sostiene che si rischia un grave calo di attenzione nei confronti del Covid, che resta un problema tutt’altro che risolto. E’ così?
Tutto ruota intorno alla definizione di cosa si intende per “problema”. Di certo l’epidemia non è una storia chiusa, ma allo stesso modo non ci saranno più situazioni da lockdown come nel 2020. Che ci sia un calo di attenzione nei media e tra le persone è più che giustificato. Veniamo da due anni difficili e stiamo vivendo settimane in cui c’è una guerra a pochi passi da noi. La gente comune è stanca e c’è voglia di normalità, che poco si concilia con notizie legate a una nuova espansione dell’epidemia. L’importante è che chi è deputato a prendere le decisioni non abbassi mai la guardia e che si basi sempre sui dati e non sull’emotività o su motivazioni prettamente politiche per gestire eventuali momenti critici dell’epidemia.
(Marco Biscella)
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