È “plausibile” che con la Omicron del coronavirus l’Europa “si stia avviando alla fine della pandemia”. Parola di Hans Kluge, direttore dell’Oms Europa, secondo il quale questa variante potrebbe contagiare il 60% degli europei entro marzo, avviando una nuova fase della pandemia che nel nostro continente potrebbe concludersi con la sua fine. Così si moltiplicano i segnali di una pandemia che si sta indirizzando a diventare un’endemia, tanto che in diversi paesi, come il Regno Unito, la Francia e la Spagna, si stanno cancellando molte restrizioni, un trend supportato dai tassi di vaccinazione e dai dati sull’efficacia dei vaccini nel difendere i soggetti dai sintomi più gravi della malattia. Anche in Italia si sta iniziando a ragionare sull’ipotesi di allentare le misure più stringenti. La decisione è ovviamente politica, ma dai virologi arrivano messaggi incoraggianti. “Oggi il virus è meno patogeno – osserva Massimo Clementi, direttore del laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano, nonché co-fondatore e presidente della Società italiana di virologia – ha difficoltà a infettare bronchi e alveoli polmonari, quindi dà meno polmoniti. In pratica, si sta allineando agli altri quattro coronavirus del raffreddore”. Quindi, secondo Clementi, “bisognerebbe eliminare tutti i motivi che spaventano le persone”.



Lei ha dichiarato qualche giorno fa: “Le persone hanno bisogno di continuare a credere nella campagna vaccinale: se venisse confermata la discesa dei contagi, sarebbe un segnale di incoraggiamento allentare le restrizioni”. Abbiamo superato il picco?

In Sudafrica, il paese dove la Omicron si è diffusa prima, abbiamo assistito a una rapida fiammata seguita poi da una altrettanto rapida discesa. È vero che il Sudafrica, con appena il 25% di vaccinati e una popolazione che vive su un’area molto vasta e ha pochi insediamenti urbani, presenta una situazione epidemiologica a se stante, ma in Gran Bretagna, e in altri paesi colpiti prima di noi da questa variante, stanno sperimentando lo stesso andamento.



E l’Italia?

Forse siamo all’apice, considerando il paese nel suo complesso. Ma se scorporiamo i dati delle regioni che hanno avuto una diffusione maggiore – in particolare la Lombardia, l’Emilia-Romagna e in parte il Veneto – vediamo che lì si sta vedendo quello che sta succedendo in Inghilterra. Anche se le valutazioni quantitative che ci mostrano i tamponi, a mio avviso sottostimano di molto il fenomeno.

Ci sono dunque molti più casi positivi di quelli che vengono conteggiati?

Certamente, perché molti sono asintomatici e con il 90% di vaccinati molti manifestano sintomi lievissimi o di brevissima durata, come un mal di gola di un giorno o una febbriciattola.



Che cosa dobbiamo aspettarci adesso dal virus?

Si vede chiaramente che con la variante Omicron, diversamente dalle altre che erano tutte infettanti, il virus ha preso una strada biologica diversa.

Che cosa intende dire?

È un virus che oggi ha difficoltà a infettare bronchi e alveoli polmonari, quindi dà meno polmoniti. Infetta invece molto le prime vie aeree, naso e gola, e questo rende sì il virus più trasmissibile, ma nello stesso tempo spiega anche perché è meno patogeno. In pratica, si sta allineando agli altri quattro coronavirus del raffreddore, che già da tempo infettano l’uomo, anche più volte nella vita.

Quindi?

Se il virus manterrà questa direzione evolutiva, avremo un’epidemiologia più stagionale, legata all’infezione delle alte vie respiratorie, con sintomi fastidiosi ma non così drammatici.

Si possono allora allentare un po’ di restrizioni, per esempio l’obbligo di mascherina e il ricorso massiccio allo smart working?

Essendo state le nostre autorità sempre molto prudenti nelle decisioni, e credo che in certi frangenti abbiano fatto bene, bisogna ancora navigare a vista per capire che cosa accadrà nelle prossime settimane. Ma di certo l’avvicinarsi della primavera aiuterà un po’, così come il fatto che saremo sempre più immunizzati, e non solo per la vaccinazione a tre dosi.

Servirà la quarta dose?

No, adesso facciamo bene ad aspettare. Non è provato che la quarta dose con lo stesso vaccino sia così efficace. In futuro potrebbe però diventare una dose annuale, da inoculare con una vaccinazione che verrà somministrata prima dell’inverno. E sarà un vaccino più taylor made, tarato meglio sull’ultima variante che ci potrà dare problemi.

E se rimarrà la Omicron?

Ci vorrà un vaccino su misura per questa variante.

In Gran Bretagna il premier Johnson ha cancellato alcune restrizioni. La sua strategia è lasciar circolare il virus avendo una popolazione protetta dal vaccino. E’ condivisibile?

Boris Johnson può contare sui consigli di virologi in gamba, non certo sprovveduti, e per certi versi anche coraggiosi. E oggi il potere patogeno del virus è bassissimo, se non nullo, nella popolazione dei vaccinati.

Come si spiegano i numeri dei decessi?

Quelli che muoiono, gli ospedalizzati gravi da due-tre settimane, in gran parte sono infettati, ancora oggi, con la Delta, la cui circolazione però è adesso ai minimi termini. Oppure sono infettati no vax. L’indice di letalità della Delta è pari a un po’ meno di 2, con la Omicron siamo a 0,8, che è quasi quanto quello del virus influenzale nella ripresa epidemica invernale.

Dal 1° febbraio non servirà esibire il green pass in supermercati, farmacie e parafarmacie, né per i luoghi legati alla sicurezza e alla giustizia, mentre in tutti gli altri esercizi commerciali sì. Lo prevede l’ultimo Dpcm del presidente del Consiglio, che aggiorna le regole sulla certificazione verde anti-Covid. Non si potrebbe invece iniziare a ragionare su come mettere da parte il green Pass?

Questa è una valutazione più politica che scientifica.

Perché?

Il green pass è un modo di sfruttare la burocrazia per indurre le persone a vaccinarsi, e soprattutto lo è il certificato verde rafforzato, con tutte le libertà che concede alle persone che lo esibiscono. Da questo punto di vista il green pass ha raggiunto il suo obiettivo: credo infatti che chi non si è vaccinato finora, non lo farà più, come mostra emblematicamente il caso Djokovic.

Che cosa c’entra il tennista serbo?

Un no vax così ideologico come Djokovic, visto che non parliamo di una persona dubbiosa o timorosa, è addirittura disposto a perdere laute sponsorizzazioni pur di non farsi inoculare il vaccino. Ciò dimostra che i no vax non si convincono.

Tamponi e quarantene: le regole vanno aggiornate?

Sicuramente. Se rimane la Omicron, che ha un tempo di incubazione molto ridotto, pari a 2-3 giorni meno di quello della Delta, e una sintomatologia nel vaccinato con tre dosi non superiore a 5 giorni, è giusto adeguare i tempi. Lo hanno fatto negli Stati Uniti, e sarebbe il caso che ne seguissimo l’esempio, una volta appurato che la Delta non è più in circolazione. Non ha senso tamponare più volte gli asintomatici.

Il paese potrebbe o dovrebbe uscire da questo lockdown di fatto, sebbene mascherato?

Sì. Innanzitutto bisognerebbe eliminare tutti i motivi che spaventano le persone.

Per esempio?

Sarei per non comunicare più il bollettino giornaliero dei contagiati: è del tutto inutile. C’è poi uno smart working che imperversa, mentre oggi abbiamo sempre più la necessità di tornare a una vita normale. E poi queste interminabili code per i tamponi, questi drive in affollati, impressionano, mettono ansia, fanno passare la voglia di fare qualsiasi cosa, come andare al ristorante o al cinema.

Da pandemia a endemia, diversi paesi ci stanno pensando. Come si “convive” con il Covid? Lo faremo già in questo 2022?

Mi auguro che non arrivino altri colpi di coda del Covid. Penso comunque sia possibile che la “convivenza” cominci quest’anno. Anche perché un virus che ha circolato così diffusamente nel mondo, non è certo destinato a scomparire in fretta. Se dovesse però prendere una stagionalità tipica dei virus respiratori nel mondo e una maggiore stabilità genetica, a quel punto avremo una popolazione molto immunizzata e il virus rimarrà, ma solo in una sacca di soggetti che infetterà periodicamente. Così sarà endemico, come già lo sono gli altri quattro coronavirus respiratori.

(Marco Biscella)

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