Il XII Rapporto del Cnel (2020) sul mercato del lavoro e la contrattazione collettiva offre molti spunti di riflessione soprattutto perché essi sono affrontati in medias res ovvero nel mezzo della pandemia e in conseguenza dei suoi effetti. Chi scrive è, infatti, convinto che, a causa della cesura determinata dall’assalto del virus, gli anni futuri dovrebbero essere contrassegnati con l’indicazione a.V. (ante Virus) fino al 2020 e p.V. (post Virus) dal 2021 in poi. Ciò perché nel presente e nel prossimo avvenire è assai arduo individuare una linea di continuità, in forza della quale quanto è accaduto l’anno precedente consenta di comprendere meglio quando sta avvenendo ora.
È inevitabile, però, che i nuovi contenuti si avvalgano degli strumenti consueti: ovvero nel caso dei rapporti di lavoro della contrattazione collettiva, nelle sue diverse articolazioni (nazionali e decentrate) nel loro complesso equilibrio. Il Capitolo 4 “Contrattazione decentrata in tempo di Covid-19” è stato redatto dalle parti sociali che siedono al Cnel, le quali – in sinergia – hanno individuato alcune macro-aree tematiche in cui la contrattazione decentrata ha esercitato una serie di funzioni gestionali nella mitigazione del rischio da contagio pandemico: a) contrattazione decentrata e continuità operativa mediante i piani di sicurezza sul lavoro; b) contrattazione decentrata e organizzazione interna (flessibilità di orario di lavoro, turni, indennità, lavoro agile, formazione, ecc.); c) contrattazione decentrata e nuove tecnologie applicate in azienda (tecnologie anti Covid-19, tecnologie e piani di rilancio, ecc.); d) contrattazione decentrata e agibilità sindacali (partecipazione, commissioni paritetiche, bilateralità, ecc.).
È noto che, per garantire lo svolgimento dell’attività produttiva in condizioni di sicurezza, le parti sociali assieme al Governo hanno definito il 14 marzo e il 24 aprile due protocolli congiunti di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19; protocolli successivamente inseriti nei vari Dpcm, assumendo valore giuridico amministrativo paragonabile alla legge, fatti salvi i particolari ambiti per i quali i Dpcm che si sono succeduti hanno sempre riconosciuto le specificità. Il lavoro dei rappresentanti delle parti sociali che hanno sottoscritto il capitolo è stato condotto sui due livelli di contrattazione collettiva: il primo nazionale, il secondo territoriale e aziendale. I contratti nazionali di categoria contengono richieste di politiche industriali di settore e linee guida su come applicare i protocolli del 14 marzo e 24 aprile. I contratti territoriali si occupano prevalentemente della costituzione dei comitati territoriali per l’emergenza, di pianificare attività formative e informative rispetto ai temi della pandemia e di facilitare l’erogazione delle prestazioni di bilateralità. I contratti aziendali, infine, vertono sulle materie trattate e sono caratterizzati dalla necessità di rispondere a specifiche particolarità.
Una caratteristica importante della contrattazione a livello aziendale è rappresentata dalla capacità di rispondere prontamente alle specificità delle organizzazioni aziendali, anche in relazione all’evolversi imprevedibile della situazione, con prevalenza di elementi difensivi nella prima fase del contagio e successiva ricerca delle modalità più efficaci di organizzazione man mano che ci si avvicina alla situazione di normalità. Oltre ai contratti aziendali/territoriali, stipulati con le rappresentanze aziendali e/o di categoria di Cgil, Cisl e Uil, in un certo numero di casi si fa ricorso a regolamenti aziendali,raccomandazioni, avvisi comuni, appelli alla responsabilità (si veda, ad esempio, il caso di Assovetro) ispirati alle linee guida dettate a livello nazionale e interconfederale. Molti accordi sono stati negoziati e sottoscritti da remoto (tra cui, il caso della Lamborghini e dell’Enel). Peculiare la situazione del settore del credito ove, anche in ragione della continuità dei servizi bancari e finanziari disposta dai provvedimenti volta per volta adottati dal Governo, in considerazione del suo ruolo di infrastruttura strategica per il Paese, è stata avviata sin dall’inizio dell’emergenza una costante analisi tra Abi e organizzazioni sindacali di settore.
Contrattazione decentrata e continuità operativa mediante i piani di sicurezza sul lavoro
Per il contrasto alla diffusione dell’epidemia hanno avuto un ruolo fondamentale la correttezza dei comportamenti individuali nelle relazioni con le persone e l’uso dei dispositivi di difesa passiva e nel rispetto del distanziamento sociale. I già ricordati protocolli interconfederali del 14 marzo e del 24 aprile hanno individuato in modo preciso, per gli ambiti produttivi rappresentati, le misure di prevenzione a cui attenersi per evitare il rischio di contagio e anche – in taluni casi – il rischio da stress lavoro-correlato determinato dalle mutate condizioni di lavoro, predisponendo una serie di obblighi a carico sia dei dipendenti che dei datori di lavoro. Fra gli obblighi a carico del dipendente il Rapporto ricorda, a titolo esemplificativo, i seguenti:
– rimanere a casa in caso di sintomi influenzali, con febbre oltre i 37,5°; comunicare, mediante appositi moduli di autocertificazione, l’attestazione di non avere avuto contatti con persone positive al virus nei 14 giorni precedenti o la provenienza da zone a rischio (Azimut Benetti);
– informare tempestivamente il datore di lavoro di eventuali prescrizioni imposte dalle autorità sanitarie (autoisolamento, richiesta tampone, ecc.) (ISA Legno);
– sottoporsi su base volontaria a screening, con analisi sierologiche e molecolari (Electrolux);
– utilizzare la mascherina chirurgica monouso o del tipo FFP2 o FFP3, coprendo naso e bocca, all’interno dei siti aziendali;
– provvedere all’auto-sanificazione, con lavaggio frequente delle mani, e comunque dopo essersi soffiati il naso, prima e dopo aver mangiato o utilizzato i servizi igienici;
– limitare al massimo l’uso promiscuo di oggetti personali, in particolare dei telefoni.
Merita, poi, una segnalazione particolare l’accordo aziendale Italcementi dove si arriva a precisare che è “vietato qualsiasi tipo di contatto fisico con tutto il personale: strette di mano, baci, abbracci, condivisione di cibo e/o bevande, uso di telefoni cellulari personali, penne, matite”.
Per quanto riguarda invece gli obblighi a carico dei datori di lavoro, il Rapporto ricorda, tra i tanti altri più noti e frequenti:
– front office predisposto con barriere protettive in plexiglas (tutte le amministrazioni pubbliche a contatto con pubblico);
– divieto di sostare in aree diverse da quelle dedicate;
– pulizia, igienizzazione e sanificazione giornaliera degli ambienti di lavoro (postazioni di lavoro, sale riunioni, uffici, spogliatoi, servizi igienici, mense, condizionatori d’aria e termoventilatori, altri spazi comuni come tornelli, aree break, sale mediche);
– visite mediche periodiche;
– effettuazione delle riunioni in condizioni di massima sicurezza, anche attraverso forme di tele-conferenza;
– abrogazione della pausa mensa, con anticipo dell’uscita di mezz’ora senza effetti sulla retribuzione;
– previsione di audit e reportistica giornaliera o di autovalutazione da parte dei lavoratori;
– cambio degli abiti da lavoro, per evitare di portare sui mezzi di trasporto pubblico eventuali agenti di contagio;
– raccomandazioni specifiche per personale a rischio (Electrolux), o che presenta sintomi assimilabili al Covid-19 (qui molto dettagliato il testo Azimut Benetti), per quello viaggiante (FCA), per le ditte in appalto (Alstom; Piaggio), sub-appalto (Ferretti), inclusi gli addetti alle pulizie, i visitatori e gli autisti esterni che – se possibile – dovranno rimanere a bordo dei propri mezzi (Piaggio);
– specifica copertura assicurativa in caso di contagio da Covid-19 (è il caso, ad esempio, dell’accordo Ducati che prevede dal 7° giorno di ricovero il raddoppio della diaria già prevista dagli accordi di welfare aziendale e una “indennità di convalescenza in caso di ricovero in terapia intensiva, pari a 3.000 euro”).
Contrattazione decentrata e organizzazione interna
Se i contatti fra le persone, il mancato rispetto delle distanze sociali, l’assembramento delle persone nei reparti/uffici e negli ambienti comuni (sale ristoro, sale mensa e zone di entrata e uscita) rappresentano i maggiori fattori di rischio per la diffusione del contagio all’interno dei luoghi di lavoro, le modalità dell’organizzazione del lavoro e la distribuzione degli orari assumono una funzione determinante nel garantire che lo svolgimento dell’attività produttiva avvenga in condizioni di sicurezza. Si tratta di una materia molto complicata perché interseca alcune questioni fondamentali delle relazioni industriali: la gestione dell’orario, la flessibilità, i bisogni individuali, la conciliazione, il mercato del lavoro. Inoltre, è la materia che più risente di una serie di variabili strutturali (quali la densità delle persone all’interno dei reparti/uffici, il lavoro a giornata o a turni, la composizione di genere), di condizionamenti relativi ai cicli produttivi (quando si è verificata la fermata c’erano aziende scariche e aziende nel pieno del ciclo produttivo) e di condizioni di partenza.
I contratti decentrati avevano come elemento centrale la gestione delle varie forme di cassa integrazione e, laddove non c’era la sospensione, la sua modulazione. In altri casi, a livello aziendale, gli accordi hanno previsto la corresponsione di una indennità giornaliera o mensile per chi si recava a lavorare, in alcuni casi anche per garantire il salario contrattualmente previsto in aggiunta alla cassa integrazione. Caratteristica di molti accordi aziendali, in questo periodo, è l’introduzione di forme estensive di lavoro agile (smart working), al fine di limitare la presenza di personale all’interno dei locali aziendali e per attività che possono essere svolte presso il domicilio o da remoto (ISTAT; FCA; Ducati; Ferrero Management Services; Leonardo; Eni; Enel, Italgas; Luxottica; Gucci; Natuzzi; Garc, solo per citarne alcuni), a volte con la distribuzione di computer e la precisazione del totale del personale in smart working (20% in Ferrovie dello Stato; 30% in Leonardo; fra il 30 e il 40%, dall’autunno, in Reale Mutua Assicurazioni; 3.000 per lo società controllate da Iren Spa;), degli orari, delle pause, della postazione, dei mezzi di sicurezza, della formazione specifica, del diritto alla disconnessione (Whirlpool).
Dopo la fase del lockdown, con la ripartenza dell’attività produttiva le aziende hanno dovuto porsi il problema di una nuova organizzazione del lavoro, per continuare a mantenere adeguate condizioni di sicurezza sanitaria in un contesto in cui il rientro al lavoro dalla cassa integrazione aumentava la densità delle persone negli uffici e nei reparti. In questa fase i contratti aziendali sono stati finalizzati a realizzare nuove modulazioni dell’orario di lavoro (Thales), tramite banca ore (Ducati; Lamborghini), alternanza, rotazione (Agenzia delle Entrate), scaglionamento fra gruppi o squadre di lavoro e turnazione non consecutiva (Electrolux), sfalsata (Piaggio), su base settimanale (Terna; Barilla; Amazon), oppure ogni 14 giorni (Enel), al fine di ridurre in ogni caso la compresenza nelle aree comuni, o la riduzione temporanea della presenza nei luoghi di lavoro. Per raggiungere tali obiettivi si è intervenuti contrattualmente agendo, da un lato, sulle flessibilità degli orari e, dall’altro, favorendo lo svolgimento a distanza della prestazione lavorativa attraverso l’uso delle tecnologie digitali, ovvero definendo nuove forme di conciliazione vita/lavoro in grado di conciliare i bisogni produttivi con quelli di assistenza e cura.
Contrattazione decentrata e nuove tecnologie applicate in azienda
Alcuni tra gli accordi di secondo livello sottoscritti nel corso degli ultimi mesi hanno affrontato il tema dell’utilizzo delle nuove tecnologie in funzione anti-Covid. Nel paragrafo precedente si è avuto modo di sottolineare come la necessità di ripensare l’organizzazione del lavoro in termini di prevenzione e contrasto della diffusione del virus – a partire dalla scrupolosa osservanza delle norme in materia di distanziamento interpersonale – abbia favorito, all’interno delle aziende, la ricerca di intese sindacali incentrate sull’adozione di soluzioni tecniche e organizzative finalizzate a contemperare il mantenimento dei livelli di produttività con la resa da remoto delle prestazioni lavorative. L’adozione e la regolazione del lavoro agile di natura “emergenziale” rappresenta – come ha evidenziato il Rapporto – uno dei motivi ricorrenti nell’interlocuzione tra imprese e organizzazioni sindacali e ha portato a definire accordi decentrati che, a volte, hanno derogato o modificato per alcuni aspetti e in forma più o meno estensiva le intese/protocolli precedentemente condivisi sulla materia. In diversi casi, la contrattazione decentrata ha specificato meglio le modalità di utilizzo del lavoro agile, sulla base delle peculiarità dell’organizzazione aziendale.
Contrattazione decentrata e agibilità sindacali
Anche nella prospettiva della gestione delle agibilità sindacali, il sistema delle relazioni sindacali a livello decentrato ha assunto un ruolo significativo nella fase di gestione dell’emergenza sanitaria, anche a prescindere dalla sottoscrizione di specifici accordi. Tra tali ruoli si segnalano almeno i seguenti: (i) costituzione in azienda e/o nel territorio dei comitati paritetici, variamente composti (responsabile risorse umane, Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione Rspp, Rls/Rsu, in qualche caso medico competente o persino virologi esperti di situazioni pandemiche) e articolati per livelli (nazionale di gruppo, territoriale, di singola unità lavorativa), che hanno il compito di aggiornare il Documento Valutazione dei Rischi (DVR) e le procedura da seguire, relativamente ai rischi da Covid-19, in rapporto con il rinnovato ruolo dei RLS, ma anche delle RSU (si veda il caso Thales); (ii) integrazione delle misure di precauzione previste dal Protocollo interconfederale con altre equivalenti o più incisive; (iii) coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali nell’organizzazione aziendale.
I contratti decentrati – conclude il Cnel sul tema – hanno garantito la continuità di esercizio dei diritti e libertà sindacali spettanti, come la partecipazione alle assemblee, generalmente attraverso l’utilizzo di soluzioni tecnologiche già implementate per lo svolgimento delle attività lavorative in smart working (in particolare, video conference).