Adesso che ormai possiamo dire di esserci lasciati alle spalle l’emergenza della pandemia da Covid, emergono studi che mostrano gli impatti che tale evento ha avuto sull’uomo. Il recente studio del The Lancet, riportato anche sul Messaggero, si è concentrato in particolare sulle ripercussioni che il periodo di lockdown ha avuto sulla fascia d’età over 50. E a quanto è emerso il cervello ne è rimasto seriamente danneggiato, al punto che è stato riscontrato un incremento notevole di casi di demenza cerebrale ricollegabili proprio all’impatto traumatico con le restrizioni.



I ricercatori del citato studio dell’Università di Exeter e del King’s College di Londra hanno analizzato i test di funzionalità cerebrale di 3.142 persone del regno Unito, di età compresa tra 50 e 90 anni. L’analisi ha mostrato che il tasso di declino cognitivo è accelerato nel primo anno di pandemia. Non solo. Se n’è individuata anche la portata dell’accelerazione. Il deterioramento della salute del cervello degli over 50 sarebbe infatti cresciuto il 50% più velocemente del solito. Inoltre è stato anche riscontrato che i livelli di memoria e funzione cognitiva, come il processo decisionale e la risoluzione dei problemi, sono diminuiti più rapidamente durante la pandemia.



LOCKDOWN, IMPATTO DURATURO SU CERVELLO E RISCHIO DEMENZA

Gli esperti autori dello studio hanno affermato che l’impatto dei lockdown sul cervello degli over 50 è probabilmente dovuto a fattori esacerbati dalla pandemia, come non fare abbastanza esercizio fisico e bere troppo alcol, nonché solitudine e depressione. L’analisi ha inoltre mostrato che il tasso di declino cognitivo è accelerato nel primo anno della pandemia ed era più alto tra coloro che avevano già mostrato segni di lieve declino cognitivo prima che la pandemia colpisse. Il trend è continuato anche nel secondo anno della pandemia, che secondo i ricercatori suggerisce un impatto oltre i blocchi nazionali iniziali nel 2020 e nel 2021, secondo i risultati pubblicati sempre sul Lancet.



Ciò che preoccupa all’esito dello studio è però soprattutto il possibile risvolto in demenza che potrebbe colpire i soggetti che hanno maggiormente risentito del periodo di restrizioni. E spesso anche i primi segnali d’allarme vengono sottovalutati perchè in molti non si rendono conto che la demenza può condurre alla morte. Dag Aarsland, professore di psichiatria della terza età al King’s, ha affermato che i risultati sottolineano l’importanza di un attento monitoraggio delle persone a rischio durante eventi importanti come la pandemia, e ha aggiunto: “Conosciamo gran parte dei rischi di un ulteriore declino e ora possiamo aggiungere il Covid-19 a questa lista. La nota positiva è che ci sono prove che i cambiamenti nello stile di vita e una migliore gestione della salute possono influenzare positivamente il funzionamento mentale“.

Una riflessione aggiuntiva è arrivata infine dalla dottoressa Susan Mitchell, responsabile della politica presso l’Alzheimer‘s Research UK, la quale ha dichiarato: “Questo importante studio aiuta a dimostrare come i profondi cambiamenti nello stile di vita innescati dalle restrizioni di blocco potrebbero aver influenzato la salute del cervello della nazione. In tal modo, sottolinea il fatto che ci sono misure che tutti possiamo adottare per proteggere la salute del nostro cervello.