Da più parti, dopo l’ordinanza governativa emanata nel tardo pomeriggio di ieri, domenica 16 agosto 2020, hanno iniziato a farsi domande sulla riapertura delle scuole. Sì, perché se da una parte è vero che il nuovo provvedimento prende di mira soltanto le discoteche e le sale da ballo, dall’altra parte è vero che anche le classi e i corridori possono divenire luogo di facile assembramento. A settembre, dunque, i bambini dovranno indossare le mascherine? È quanto suggerisce un gruppo composto da 26 ricercatori svedesi, secondo cui questo accorgimento dovrebbe essere adottato al fine di arginare l’avanzata del Coronavirus. Secondo gli esperti, ci sono ora dati provenienti dalla Corea del Sud, dagli Stati Uniti d’America e da Israele che evidenziano con chiarezza come anche i bambini siano contagiosi. Non solo: alcuni numeri registrati proprio in Svezia provano che i minori possono ammalarsi gravemente. “Ad oggi non è chiaro come un’infezione lieve influisca anche sulla loro salute futura – scrivono i ricercatori –; pertanto, dovremmo già all’inizio della scuola prendere misure per contenere l’infezione“.
BAMBINI A SCUOLA CON LE MASCHERINE? IL SÌ ARRIVA DALLA SVEZIA
Fra i suggerimenti giunti dal team scandinavo, vi sono, tra le altre cose, l’utilizzo delle mascherine da parte dei bambini nelle scuole, lo svolgimento delle attività sportive unicamente in spazi aperti, il consumo dei pasti classe per classe e il divieto all’insegnamento di gruppo. Inoltre, gli studenti appartenenti a famiglie in cui un membro rientri in un gruppo a rischio dovrebbero essere autorizzati a ricevere la didattica a domicilio. Gli studiosi hanno anche ragionato sul fatto che i casi svedesi di infezione sono diminuiti da quando le scuole sono state chiuse e credono che la preoccupazione per una maggiore diffusione dell’infezione in concomitanza con il ritorno in aula, che avverrà la prossima settimana, sia giustificata. Di diverso parere, tuttavia, l’Agenzia svedese per la salute pubblica, che, sul proprio portale telematico, offre una guida nazionale per la pandemia, asserendo che lo stato attuale delle conoscenze mostra che pochi bambini e giovani sono infettati da Covid-19 e che le attività scolastiche non hanno dimostrato di essere una forza trainante nella diffusione dell’infezione.