Da mesi si sta cercando di capire se il coronavirus, o covid, o nel nome tecnico SARS-CoV-2, sia sensibile o meno alle alte temperature. L’Iss, l’Istituto superiore di sanità, ha pubblicato a riguardo un’importante ricerca, che correla appunto il decadimento dello stesso virus con l’aumento della temperatura ambientale, così come dimostrato anche per altri virus. L’analisi è stata effettuata dai ricercatori del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, studio poi pubblicato sulla rivista Clinical Microbiologi and Infection dell’European Society of Clinical Microbiology and Infectious Diseases. Attraverso una serie di esperimenti in vitro si è potuto appurare che con l‘innalzamento della temperatura fino a 28 gradi centigradi, che è anche la stessa prevista durante il mese di giugno, la carica virale del covid diminuisce in maniera drastica entro le prime 24 ore dall’emissione di droplet infette.
COVID MENO LETALE CON IL CALDO: “VIRUS RESISTE DI PIU’ A BASSE TEMPERATURE”
Un dato molto significativo soprattutto se rapportato al comportamento dello stesso virus in un ambiente in cui la temperatura è compresa fra i 20 e i 25 gradi, e in cui ci mette invece ben tre giorni, 72 ore, per “spegnere” la propria carica virale. “I nostri dati – sono le parole del virologo Fabio Magurano, colui che ha coordinato lo studio, riportate dal sito dell’Istituto superiore di sanità in data 27 novembre – aiutano a spiegare il perché le condizioni ambientali estive più sfavorevoli per il virus ne abbiano rallentando la diffusione e il contagio. Al contrario l’abbassamento delle temperature permette al virus di resistere di più e nel contempo giustifica una maggiore capacità delle goccioline respiratorie di persistere e diffondersi nell’ambiente, favorendo la diffusione del virus e il contagio”. Trova quindi conferma la correlazione fra caldo e minore “viralità” del covid, sicuramente una notizia positiva, ma non in vista della stagione fredda che sta per abbattersi sulla nostra penisola.