Purtroppo attorno a questa pandemia restano aperte tante domande e preoccupazioni sia riguardo alla sua origine, sia anche sulla sua gestione e sulla sua possibile evoluzione. Queste preoccupazioni hanno di fondo un aspetto comune che riguarda la fiducia che possiamo o dobbiamo avere nei confronti della cosiddetta scienza e della politica.
Sulle origini di questa pandemia, molte ombre e cose strane hanno lasciato perplessi anche virologi e lo stesso presidente di Aifa non ritiene di poter escludere a priori nessuna delle due opposte ipotesi: che il virus sia di origine naturale o derivi da un incidente di laboratorio. Del resto sappiamo che questi virus vengono studiati in Cina e in altri laboratori da diversi anni e va ricordato che le sofisticate tecnologie di biologia molecolare permettono oggi di modificare virus a scopo di studio e ricerca anche a scopi militari.
Una cosa certa è che questa pandemia ha evidenziato le carenze e le debolezze di un sistema sanitario non preparato ad eventi di questa natura e che è quindi necessario affrontare il futuro più preparati. Gli stessi scienziati, addetti al lavoro, si sono trovati impreparati di fronte ad un potenziale pandemico enorme, mai visto prima di ora, nei confronti del quale si è navigato a vista giocando tutto sulla soluzione di nome “vaccino”.
Di fronte alla elevata morbilità di Sars-Cov-2 e un sistema sanitario impreparato a contenere il numero di malati gravi con alto tasso di mortalità la strada del vaccino è stata percorsa immediatamente con anche enormi risorse pubbliche messe a disposizione della ricerca privata. Di grande aiuto è stato il fatto che studi su nuove tipologie di vaccini erano in corso da anni, seppure in presenza di perplessità da parte delle agenzie regolatorie che tentennavano circa la loro autorizzazione. La pandemia ha accelerato i tempi e le modalità di valutazione così da permettere, in una situazione emergenziale, di approvare questi nuovi vaccini in mesi anziché anni. Oggi, nella valutazione del rischio-beneficio, nessuno può contestare l’utilità di questa scelta strategica, ma è necessario anche riconoscere che occorre tenere alta la guardia sul fronte della ricerca terapeutica e sulla scrupolosa vigilanza del monitoraggio vaccinale da parte delle agenzie preposte.
Il fatto
In questo clima, accanto a legittime richieste di attenta sorveglianza, c’è anche chi si è messo di traverso per contestare il beneficio vaccinale con posizioni ideologiche e non fondate su corretti dati scientifici. Anche recentemente la pubblicazione di tre ricercatori (H. Walach et al., 2021) sulla rivista internazionale Vaccines ha creato sconcerto.
Nell’articolo si sosteneva infatti l’assenza di un beneficio delle vaccinazioni al punto da sostenere che a fronte di una prevenzione di tre decessi da Covid il vaccino ne causerebbe addirittura due! Meraviglia che i revisori non abbiano considerate assurde tali conclusioni. Infatti le riviste serie dovrebbero essere garantite da revisori in grado di valutare seriamente la correttezza e scientificità degli studi sottomessi.
In un solo giorno, il 1° luglio, l’articolo ha avuto quasi 350mila lettori e pare sia stato twittato da centinaia di migliaia di attivisti antivax. Sebbene tardivamente (il 2 luglio) la rivista ha però ufficialmente “retracted” (ritirato) il documento motivando che l’articolo conteneva gravi errori che influenzavano i risultati! Tra questi l’errata interpretazione dei dati di un rapporto olandese utilizzato dagli autori per calcolare il numero di effetti collaterali gravi e fatali causati da vaccinazioni. I dati sono stati infatti interpretati e presentati come prova della relazione causa-effetto tra vaccinazione ed eventi avversi senza considerare la modalità di raccolta degli stessi. Il rapporto riportava dati di operatori sanitari e pazienti invitati a segnalare qualsiasi sospetto di evento avverso che potesse essere associato alla vaccinazione senza alcun tipo di documentazione in grado di stabilire una relazione tra l’evento e il vaccino. Infatti un evento segnalato dopo la vaccinazione (anche un decesso) non è necessariamente attribuibile alla vaccinazione ma esige una analisi accurata per determinarne la relazione causa-effetto. Queste ed altre gravi inesattezze, della stessa natura, presenti nel lavoro hanno provocato dure reazioni con le conseguenti dimissioni di alcuni membri dello stesso Editorial Board della rivista.
Una riflessione
Quanto sopra riportato deve fare riflettere su un problema importante che riguarda tutte le ricerche scientifiche, ma soprattutto gli studi di natura epidemiologica come quelli di sorveglianza sanitaria. Il problema è ben espresso dal famoso aforisma inglese “correlation is not causation” (la correlazione non è causalità), che perfino gli studenti conoscono, il quale prevede che in qualsiasi studio vi siano sistemi di analisi e controllo efficaci per stabilire se vi sia realmente un fenomeno di causa-effetto nelle osservazioni fatte. Purtroppo dobbiamo constatare che in molti studi questo aspetto non è sempre adeguatamente considerato così da rappresentare una fonte di errore quando non una manipolazione fatta ad arte.
Che ciò accada per ignoranza o per dolo è difficile da stabilire, soprattutto quando si tratta di statistiche (epidemiologiche. economiche o sociologiche) dove i dati sono di difficile accesso o poco trasparenti. Se vogliamo essere onesti, non possiamo negare che perfino nella stessa conta dei morti da Covid tale problema si è posto soprattutto nel confronto dei dati tra i vari paesi, perché non si può escludere che morti per altre patologie siano stati contati come morti da Covid perché positivi al tampone (cioè morti “con” Covid e non morti “a causa” di Covid).
Il problema della corretta interpretazione e proposizione di dati è quindi un problema reale e di tutti i giorni che necessita regole chiare, trasparenti e condivise soprattutto se riguarda la salute pubblica. In particolare per il monitoraggio della sicurezza dei vaccini che hanno svolto storicamente un ruolo importante per la battaglia contro le malattie infettive. Proprio a proposito delle vaccinazioni anti-Covid una interessante recentissima pubblicazione su British Medical Journal (Li et al., 2021) ha potuto verificare che la maggior parte degli studi si è concentrata su eventi singoli utilizzando differenti disegni di studio e che nessun studio internazionale su eventi post-vaccino ha usato identiche definizioni o modelli di raccolta e analisi nei database. Come sostenuto dagli autori, questa notevole eterogeneità tra i sistemi di raccolta dei dati suggerisce quindi cautela nell’interpretazione delle differenze tra dati osservati e tassi attesi e raccomanda la necessità di usare il più possibile comuni database per stimare gli effetti post vaccino e monitorarne la sicurezza.
Alcune conclusioni
Considerando criticamente il quadro attuale, nasce spontaneo chiedersi quanto un certo modo di comunicare non rischi di minare seriamente la fiducia nella cosiddetta scienza. Possiamo fidarci dei risultati di una ricerca se il metodo di studio è corretto, ma anche il ricercatore e il comunicatore deve essere affidabile. È evidente che qualsiasi rapporto umano pone il problema della fiducia ma se è possibile che un ricercatore onesto commetta errori nel suo lavoro è anche possibile che vi sia disonestà e parzialità nella raccolta e divulgazione dei risultati. I revisori di una rivista scientifica hanno questo compito difficile ma importante di verificare le ricerche prodotte per assicurarci il minor rischio possibile di errore di cui anche la scienza non può essere esente. Nella ricerca scientifica si possono anche ottenere risultati contraddittori o contrastanti tali da esigere il confronto e la discussione tra scienziati. Se il dibattito è condotto ad un livello critico corretto e non trasformato in rissa ideologica, la discussione è di grande aiuto per gli studiosi onesti e realisti disposti a rivedere metodi e risultati per correggere anche inevitabili errori. La scienza può anche sbagliare ma l’ombra più drammatica in grado di oscurare la scienza sarebbe quella che, chi ha il potere di farlo, non riconosca gli errori e non lavori per l’uomo. Come già riportato in queste pagine dobbiamo temere quanto stigmatizzato da Poincaré nei primi anni del 900 che definiva “terribili distruttori” coloro che si infatuano di idee non perché giuste ma solo perché nuove e alla moda.
Oggi, inondati da informazioni incontrollate, il problema è anche più serio e non riguarda solo la scienza ma tutto il nostro vivere familiare e sociale. Così capita che posizioni ideologiche di moda, che mostrano la realtà in modo falsato, siano considerate come forme di progresso scientifico o civile. Per questo, in qualsiasi campo compreso quello scientifico, possiamo fidarci solo di uomini liberi, la cui posizione umana sia disposta a cercare e ad amare la verità più che a sostenere la propria posizione ideologica.
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