Recentemente un giudice del tribunale di Milano ha emesso una sentenza riguardo ad una donna morta a causa del covid, in seguito ad un contagio avvenuto sul luogo di lavoro durante la prima fase della pandemia. L’impiegata, infatti, lavorava in uno sportello pubblico, a contatto diretto con gli utenti, sprovvista di dispositivi di protezione individuale, che in quella fase pandemica scarseggiavano in tutta Italia. Si tratta di una sentenza importante, che riporta nell’attualità i casi dei contagi di covid sui luoghi di lavoro, e che crea un precedente che potrebbe trovare parecchie applicazioni nell’immediato futuro.



Covid: la sentenza del tribunale di Milano

La donna su cui verte la sentenza del tribunale di Milano ha contratto il covid nei primissimi giorni di pandemia, quando non erano ancora state disposte misure di distanziamento sociale. Lavorando ad uno sportello, rimase a lungo a contatto con un grande quantità di persone, tra utenti e colleghi dell’ufficio, in un luogo chiuso, contraendo infine il virus che in poco tempo si rivelò fatale, anche per via della scarsità di dispositivi di protezione individuale.



Secondo il consulente tecnico del tribunale, la causa del contagio da covid per la donna fu proprio il lavoro svolto in condizioni non esattamente ottimali. Secondo il giudice questi elementi sono stati sufficienti per disporre il diritto ad un risarcimento per gli eredi della donna, che secondo l’INAIL svolgeva anche un lavoro considerato ad elevato rischio, e quindi soggette alle classiche tutele assicurative. Non si conosce, però, l’effettiva entità della cifra che spetterà alla famiglia della donna deceduta dopo aver contratto il covid sul posto di lavoro. L’articolo 85 del Dpr 1124/1965, tuttavia, prevede per gli eredi di una vittima da infortunio sul lavoro, che sia disposta dal datore di lavoro una rendita calcolata sulla base della retribuzione annua del lavoratore stesso, calcolata appunto di caso in caso.

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