Un 72enne è morto di covid dopo che ha avuto il virus per circa un anno e 8 mesi, precisamente 613 giorni. Si tratta, come specifica l’Adnkronos, della più lunga infezione mai conosciuta, registrata dagli esperti del Cemm (Centro di medicina sperimentale e molecolare) dell’University Medical Center (umc) di Amsterdam guidati da Magda Vergouwe. Durante questo lunghissimo lasso di tempo in cui il virus ha convissuto nel 72enne, descritto come fortemente immunocompromesso, ha mutato multo, al punto che gli esperti sottolineano il rischio che questi “eterni positivi”, diano vita a delle infezioni persistenti in pazienti già senza difese, creando quindi nuove varianti del covid che sono potenzialmente immunoevasive.



Lo studio sarà presentato in occasione del prossimo Congresso Escmid Global di Barcellona che si terrà nel periodo 27-30 aprile. Si tratta di casi estremamente rari ma che potrebbero portare a nuove mutazioni del genoma del covid, così come sottolineano appunto gli autori della ricerca, evidenziando quindi come sia necessaria una maggiore consapevolezza dei rischi, ma anche una più stretta sorveglianza e dei test diagnostici precoci. A corroborare tale “alert” il fatto che gli scienziati ritengono che anche la variante Omicron abbia avuto origine proprio in una persona immunocompromessa.



COVID, MORTO IL PAZIENTE DEI RECORD: UN 72ENNE FORTEMENETE IMMUNOCOMPROMESSO

Purtroppo il 72enne affetto da covid è deceduto per una ricaduta della sua patologia ematologica. Il primo ricovero era giunto a febbraio 2022 in quel di Amsterdam, con alle spalle una storia di trapianto allogenico di staminali per una sindrome da sovrapposizione mielodisplastica e mieloproliferativa.

Una situazione quindi decisamente complicata anche per via di un linfoma post-trapianto per il quale aveva ricevuto il rituximab, un farmaco che, come ricorda l’Adnkronos “esaurisce tutte le cellule B disponibili, comprese quelle che normalmente producono gli anticorpi diretti contro Sars-CoV-2”. Il paziente aveva ricevuto quindi varie vaccinazioni anti covid ma senza una risposta di anticorpi; si era quindi sottoposto a vari trattamenti anche con monoclonali ma senza ottenere anche in questo caso alcun beneficio.



COVID, MORTO IL PAZIENTE DEI RECORD: INFEZIONE PER 613 GIORNI. LA CONCLUSIONE DEI RICERCATORI

Nel sequenziamento del virus nella fase di follow up era quindi emerso che già 21 giorni dopo si era sviluppata una mutazione resistente all’anticorpo con cui il paziente era stato trattato e in seguito il sistema immunitario è risultato non essere in grado di eliminare il virus e l’infezione prolungata, comportando poi una nuova variante immunoevasiva.

“Questo caso sottolinea il rischio legato a infezioni persistenti da Sars-CoV-2 in persone immunocompromesse”, spiegano gli autori aggiungendo che “sebbene possa esserci un aumento del rischio di sviluppo di nuove varianti, non tutte” quelle che emergono in questi pazienti “si svilupperanno in una nuova variante di preoccupazione (Voc) per la comunità. I meccanismi sottostanti alla nascita di una Voc sono molto più complessi e dipendono anche da fattori nella popolazione che circonda il paziente”, immunità compresa.