Napoli e Campania fin dai primi di ottobre hanno mostrato un incremento sempre più veloce del numero dei contagi. Quello che De Luca aveva rabbiosamente evitato a marzo con un lockdown più severo che altrove è invece successo in autunno complice il tutti liberi nazionale. L’incubo del governatore di una epidemia diffusa in una delle zone più popolose d’Europa è diventata realtà.



Napoli rischia un naufragio senza ritorno se non ci saranno correttivi a brevissimo. Questo perché i numeri del contagio campani, ormai altissimi, si confrontano con una ricettività ospedaliera tagliata negli anni e ora certo insufficiente rispetto ai numeri della popolazione. Negli ospedali c’è l’apocalisse, ma essa vien negata dalle istituzioni per evitare il panico e la rabbia.



Tutta Italia ha assistito al balletto dei numeri e di quei 21 criteri che alla fine hanno fatto della Campania, incredibile dictu, una zona gialla. Il bollettino regionale Covid al 7 novembre indicava 590 posti letto disponibili in rianimazione e 3.160 posti di degenza ordinaria Covid, ma con qualcosa di strano nel tasso di occupazione dei posti letto: al 10 novembre, per esempio, ne risultavano occupati solo 193 su 590 in rianimazione e 2.061 su 3.160 in degenza ordinaria. Crediamo fortemente che con quei numeri ufficiali si volesse indicare la potenza e non l’atto, cioè quello che sarebbe anche pronto a funzionare se solo non mancasse il personale. Altrimenti, come mai già dai primi di novembre non si riesce a traferire nessuno in rianimazione e le ambulanze sono in fila insieme alle auto fuori dagli ospedali con tanto di bombole di ossigeno al fianco? E qualcuno muore in quelle ambulanze e in quelle auto…



Gli ospedali investiti da una massa critica oltre ogni sostenibilità non hanno retto. Il personale conta tantissimi infettati, tantissimi arrabbiati e anche i primi morti, perché non ci si può difendere nel caos. I malati sono anche su barelle in terra, su sedie, talvolta su scrivanie… e come fare altrimenti? Effetto lazzaretto. Succede quello che è accaduto in Lombardia a marzo, dove una delle migliori sanità d’Europa ha impattato con numeri spaventosi e non controllabili, che hanno fatto strage come l’hanno fatta a Madrid, a Londra e a New York.

La Tecnica è potente ma non onnipotente. Teknè d’Anankes astenestera macroi diceva Prometeo incatenato al Coro: la Tecnica è molto più debole della Necessità, della Natura. Del resto, anche a proposito dei mitici 21 criteri ci sarebbe da dire sul fatto che l’algoritmo non sbaglia, ma lo impostiamo noi e non ci sembra sufficientemente valorizzato un criterio fondamentale come quello dell’occupazione effettiva dei posti letto. È tutta in questo criterio la sostenibilità o il caos!

Dopo il 10 novembre è diventato chiaro che occorreva far restrizioni serie, ma un imbarazzante balletto tra Governo, Regione e Comune ha impedito si procedesse a chiudere. Il 13 novembre si è finalmente deciso da parte del Governo di rendere zona rossa tutta la regione e non solo le aree realmente più colpite, come sembrava si volesse fare. Si intaccherà la produttività anche di chi poteva permettersi di restare aperto.

Questa epidemia al dolore dei poveri e dei diseredati, dei senza fissa dimora e dei fragili tra i fragili, i soggetti anziani, si è aggiunto il dolore di tutti quelli che già avevano la precarietà come sistema di vita, una precedente condizione di benessere troppo fragile per resistere a mesi di fermo.

Sarebbe sciocco non comprendere che questa catastrofe ha aumentato il dolore del mondo e anche la rabbia, portandola vicino alla soglia limite.