Le varianti Covid preoccupano la comunità scientifica, anche perché in ballo c’è l’efficacia dei vaccini, ma per Giovanni Di Perri, infettivologo dell’ospedale Amedeo di Savoia di Torino, il «coronavirus non sa creare varianti totalmente insensibili al vaccino». L’esperto ne ha parlato all’Ansa, spiegando di essere preoccupato in generale, «perché le varianti stanno tracciando una storia evolutiva di questo virus». A tal proposito ha ricordato che «rispetto al primo con cui ci siamo confrontati abbiamo avuto la variante Alfa, quella inglese, che si trasmetteva di più. Ora abbiamo la variante Delta che si trasmette di più ed è forse meno sensibile all’effetto dell’immunizzazione rispetto alla variante Alfa».



L’impressione però da virologo clinico è che il coronavirus non sappia mutare al punto tale da sfuggire ai vaccini: «Quando un virus ha nelle sue corde la possibilità di selezionare una variante, diabolica in questo senso, cioè che sia facile da trasmettersi e insensibile al vaccino, di solito lo fa subito, in 12/24 ore». Questo è il caso, ad esempio, di Hiv e Hcv: «Quando vengono sottoposti ad uno stimolo selettivo, la variante che si genera ed è resistente all’ostacolo nasce in 12-24 ore».



DI PERRI “SITUAZIONE NON FACILE, MA SONO OTTIMISTA”

Ciò invece non è finora accaduto con il coronavirus. «Qui vediamo delle varianti che sono un po’ un mosaico di una serie di cambiamenti che forse esprimono il fatto che forse il virus non è capace di fare il grande salto ad una variante totalmente insensibile», ha spiegato Giovanni Di Perri all’Ansa. A proposito della campagna vaccinale, l’infettivologo ha aggiunto: «Stiamo perseguendo un risultato collettivo non facile. La protezione è ottima, ma non assoluta. Siamo abituati a vaccini come antipolio e morbillo che danno un’immunità protettiva permanente, invece qui parliamo di una terza dose, quindi il fenomeno è dinamico e instabile. La situazione non è facile, ma sono ottimista». Infatti, come nel Regno Unito, c’è una dissociazione tra numero di casi e pressione in ospedale. «In Inghilterra ricoverano 6 volte meno, in Italia ricoveriamo 3,5-4 volte meno rispetto alle ondate precedenti. Così anche in Israele, dove hanno un riverbero di infezioni. Non hanno adottato il Green pass con le riaperture, però hanno comunque una protezione che permette di non ricoverare la maggior parte delle persone». A proposito della situazione nel suo ospedale, ha spiegato che sono ricoverati «per il 92% non vaccinati. Ci sono anziani vaccinati con patologie molto importanti, ma sembra che il decorso sia migliore e questo potrebbe salvare loro la vita. Quindi, vediamo il bicchiere mezzo pieno».

Leggi anche

Covid, aumento casi variante Xec in Italia: il nuovo sintomo? Perdita di appetito e...