«Se la porta della chiesa è chiusa, trova il sacro sulla strada»
: con un lunghissimo editoriale-reportage sul New York Times una pastora luterana americana, tal Emily Scott, “avvicina” il concetto di sacro a quanto anni fa Papa Ratzinger diceva durante il viaggio apostolico in Portogallo (11-14 maggio 2010, ndr). «Nel nostro tempo, in cui la fede in ampie regioni della terra rischia di spegnersi come una fiamma che non viene più alimentata, la priorità al di sopra di tutte è rendere Dio presente in questo mondo e aprire agli uomini l’accesso a Dio. Non a un dio qualsiasi, ma a quel Dio che ha parlato sul Sinai; quel Dio il cui volto riconosciamo nell’amore portato fino alla fine (cfr. Gv 13, 1), in Gesù Cristo crocifisso e risorto». Il bisogno di incontrare Gesù e il bisogno di comunicarlo durante la pandemia Covid-19 è stato non solo complesso ma reso assai difficile dalle regole imposte (chiese chiuse, no Eucaristia) per la sicurezza anti-coronavirus, con gli Stati Uniti che ancora peggio dell’Italia proseguono in molte zone con i medesimi stringenti diktat: la “pastora” luterana sul principale quotidiano liberal americano prova a descrivere questo periodo difficile, sottolineando «Il pane è al centro della nostra vita comune, ma messo in quarantena, non abbiamo né comunione né comunità. Chi siamo se non riusciamo a spezzare il pane?». Emily Scott però sottolinea come la necessità di quel “pane” non può e non è venuto meno con la pandemia Covid-19, al netto di chi ha cercato di dimostrare che tutto sommato la religione e l’esperienza di fede potevano rimanere private e “casalinghe” come avrebbe “insegnato” la pandemia. No, tutto il contrario.
CHIESE CHIUSE? IL COVID CAMBIA LE ABITUDINI MA NON CANCELLA LA FEDE
«Gesù aveva fame delle stesse cose che facciamo: immergerci in un gustoso piatto tra chiacchiere rumorose e risate facili. Cosa daremmo in questi giorni per avvicinarci a un tavolo per la cena con gli amici, i gomiti urtando, passando piatti colmi di mano in mano?», scrive ancora la pastora luterana avvalendosi di un particolare esempio molto efficace per descrivere la possibilità di un incontro, di una speranza anche quando si pensa di vivere nel più totale isolamento (come sono stati i lunghi mesi della Fase 1 e come rischiano di essere anche i prossimi negli States). Gesù radunò i discepoli ma li mandò anche nel mondo ad annunciare il Vangelo, sparsi e in alcuni cosi solitari: «Le loro destinazioni potrebbero essere state chiare, ma il loro futuro lo era di meno. Da qualche parte lungo la strada, tuttavia, hanno sempre incontrato qualcosa di inaspettato: la sorprendente presenza del sacro». La chiesa che va verso le periferie del mondo e del cuore, come ripete Papa Francesco dall’inizio del suo pontificato, una chiesa che può uscire sulla strada e dimostrare che l’Eucaristia restando centrale può essere una forma, anzi “la” forma di incontro privilegiata del cristianesimo. «Invece di chiedere a gran voce di “tornare indietro”, possiamo trasformarci e affrontare un futuro incerto, ma pieno di possibilità di costruire un mondo più compassionevole», sottolinea ancora la pastora sul NYT. Come riferito dalla Chiesa Cattolica in più occasione tramite gli interventi del Papa e dei vescovi nelle Diocesi sparse in tutto il mondo, si può anche chiudere per del tempo le chiese ma ci sarà sempre bisogno di “pane”, di sacro, di Gesù: e così ritornano alla mente ancora le parole del Papa Emerito davanti alla Madonna di Fatima 10 anni fa, «Carissimi fratelli e giovani amici, Cristo è sempre con noi e cammina sempre con la sua Chiesa, la accompagna e la custodisce, come Egli ci ha detto: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). Non dubitate mai della sua presenza!».