E’ stata individuata, in Colombia con altri focolai in Sud America, la quinta variante del Covid dopo Alpha, Beta, Gamma e Delta. La diffusione a livello mondiale al momento è minima, si calcola pari allo 0,1%, ma sappiamo come le varianti si diffondano velocemente grazie agli spostamenti delle persone in tutto il mondo. L’ha segnalata l’Oms e viene scientificamente definita Mu o anche B.1.621, e per adesso si ferma al livello Voi, che secondo l’Oms è quello di “interesse”, un livello cioè la cui rilevanza medica non si conosce ancora del tutto, anche se si parla già di una maggiore resistenza ai vaccini attuali.



“Il passo successivo” ci ha detto il professor Roberto Cauda, docente di Malattie infettive all’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore dell’Unità operativa di malattie infettive al Policlinico  Gemelli “è quando una variante diventa Voc (Variant of concerne, ndr) cioè desta preoccupazione, ma al momento non siamo ancora a questo livello, ne sappiamo troppo poco”. Una mutazione caratterizzata dalla comparsa di diverse sostituzioni nella sequenza degli aminoacidi che compongono la ormai famosa proteina Spike: “Il problema è che fino a quando ci saranno paesi o zone del mondo, come l’Africa, dove la percentuale di vaccinazione è solo del 2%, il virus continuerà a circolare e quindi a infettare le persone e a subire mutazioni producendo variazioni. Bisogna che l’impegno globale si faccia più coraggioso e attivo per far sì che la vaccinazione sia per tutti. Stiamo sempre parlando di una pandemia, qualcosa che coinvolge tutto il pianeta”.



Siamo davanti a una nuova mutazione, caratteristica di tutti i virus, ma essendo sempre in clima Covid ci preoccupiamo immediatamente. E’ ragionevole?

Di questa nuova mutazione sappiamo ancora pochissimo, ma sostanzialmente c’è un solo discorso da fare. Se non riusciamo in tutto il mondo a fermare la capacità del virus di infettare le persone, saremo sempre a rischio varianti. L’Oms ha segnalato per questa nuova variante il primo step, quello di interesse. Potremo trovarci davanti in seguito a una variante non solo segnalata, ma anche a una vera e propria variante che può determinare la patologia, come è accaduto con la variante inglese e quella indiana.



Varianti che poi si sono diffuse rapidamente, non è vero?

Certo. Questa volta però la nuova variante viene segnalata in aree dove la capacità di vaccinare e l’accesso alla vaccinazione stessa presentano delle difficoltà. Oggi si discute giustamente di quale sia la percentuale di soggetti che bisogna raggiungere per essere protetti, non basta  l’immunità di gregge, perché abbiamo visto con la variante Delta che questo non si può ottenere, ma almeno essere al sicuro che il virus circoli sempre meno.

Però ci sono larghe parti del mondo dove il vaccino ancora non arriva o arriva poco e male.

Noi ragioniamo pensando alle problematiche interne di ogni singolo paese, dove si stanno facendo campagne di vaccinazione di massa, ma ci sono aree del mondo dove il vaccino non sta avendo lo stesso impatto.

Ad esempio?

Per via dei miei contatti personali professionali, cito sempre la Tanzania e l’Uganda, ma l’intero continente africano ha una percentuale stimata di vaccini attorno al 2%. Il problema è che bisognerà implementare questa percentuale, sia nel segno della solidarietà che dell’utilità con un programma di vaccinazioni che sia globale. Siamo davanti a una pandemia, cioè qualcosa che interessa tutto il mondo, se il virus circola si replica, se si replica, dà origine alle mutazioni.

Quindi al momento non dobbiamo preoccuparci di questa nuova variante?

Il più delle volte queste mutazioni sono indifferenti, non danno alcun impatto né clinico né epidemiologico, altre volte queste mutazioni sono problematiche. Ritengo che il senso di queste segnalazioni sia che l’Oms voglia, dire tra le righe, che invece della terza dose pensiamo prima a vaccinare tutto il mondo.

Quanto resisteranno i vaccini alle varianti? Questa nuova mutazione si dice sia resistente ai vaccini che abbiamo a disposizione.

Al momento sappiamo che i vaccini sono efficaci, è chiaro che c’è una lotta contro il tempo. Nelle varie fasi, la uno, la due e la tre, ci sono più di duecento vaccini in preparazione che saranno tutti utili, perché il problema sono appunto le varianti. Oggi c’è una buona protezione, che si pensa già di implementare, perché bisogna essere consci che i vaccini sono stati pensati sull’archetipo di Wuhan e da allora si sono registrate tante varianti.