“Altamente drammatica”: così Manfred Lucha, il ministro della Salute del Baden-Wuerttemberg, ha definito la situazione delle terapie intensive nel suo Land. Tanto che, preoccupato per un carico degli ospedali “immenso e le persone non ce la fanno più”, non ha potuto tacere su quella che ormai – numeri della pandemia alla mano in tutta la Germania – sembra un’ineluttabile decisione: “Ci prepariamo a trasferire i pazienti all’estero, nel caso fosse necessario”.



Insomma, a sorpresa, il paese che può contare sul maggior numero di posti in terapia intensiva in Europa (800 ogni 100mila abitanti, rispetto a una media Ue di 538 e ai 314 dell’Italia, dati Eurostat), si vede costretto a trasferire pazienti: già nei giorni scorsi la Baviera ha inviato due malati Covid a Bolzano e Merano (in realtà, avrebbe preferito non fare così, perché non era questa la richiesta iniziale avanzata all’Alto Adige: “Volevano medici e infermieri, ma noi non siamo in grado di mandare sanitari per aiutarli”, come ha raccontato ad Huffpost il dottor Marc Kaufmann, primario della rianimazione Covid a Bolzano).



Ma la sorpresa non finisce qui. Chi per primo si è dichiarato disponibile ad accogliere i pazienti gravi dal Baden- Wuerttemberg? La Svizzera, la Francia e – pensate un po’ – la Lombardia, che si è fatta subito avanti, come testimonia il messaggio che il 19 novembre l’assessore regionale al Welfare, Letizia Moratti, ha postato su Facebook. “La pandemia #Covid sta riprendendo vigore con forza in diversi Paesi europei, tra gli altri in particolare in #Germania. Gli ospedali tedeschi sono alle prese con una drammatica emergenza di posti letto ospedalieri, con le terapie intensive prossime al collasso. Memore dell’aiuto solidale fornito all’#Italia lo scorso anno, ritengo opportuno e doveroso offrire oggi alla Germania la disponibilità ad accogliere pazienti presso le nostre strutture ospedaliere, mettendo a disposizione ricoveri in area medica e in terapia intensiva. Ho chiesto alla #DirezioneGeneraleWelfare di #RegioneLombardia di attivarsi in tal senso”.



Ma come, proprio quell’angolo d’Italia che per mesi, durante tutte le ondate della pandemia che si sono susseguite da marzo 2020, è stato sempre, inesorabilmente (anche con inchieste finite in un flop), additato come il più impreparato e inadatto ad affrontare l’assalto del Covid? Ma come, proprio la regione di cui solo un paio di settimane fa si diceva ancora, con tutti d’allarme rosso, che era in piena “impennata di contagi”?

Sì, proprio la Lombardia, che pur partita in ritardo, grazie al piano Bertolaso che ha fatto da booster al piano Figliuolo, ha saputo accelerare sulla campagna vaccinale, superando poi tutte le altre regioni per tasso di immunizzazione della popolazione, quella stessa Lombardia che, consapevole dello tsunami epidemiologico da cui era stata investita, rimboccandosi le maniche, come da sua storica tradizione, ha saputo già nel 2020 allestire a Milano e costruire a Bergamo in tempi record due strutture Covid d’avanguardia e oggi può vantare una dotazione sanitaria infrastrutturale che la mette al riparo, più di altri, dalla ferocia di nuove ondate.

I tedeschi, poco ideologici e molto pragmatici, lo sanno. E non ci hanno pensato due volte ad accettare la proposta della Lombardia: in quale altra regione italiana avrebbero potuto mandare non uno, non due, ma un buon numero di pazienti ricoverati in rianimazione?

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