Il piano segreto del Governo, redatto e presentato al Cts già a febbraio, esiste: ne dà notizia oggi il Corriere della Sera, dopo che già in aprile con un’esclusiva avevano svelato la presenza di un piano “pandemico” che metteva in guardia il Governo su 3 possibili rischi per l’Italia davanti alla pandemia Covid-19 che stava per dilagare a livello internazionale. Il governo aveva previsto tre possibili scenari di sviluppo dell’infezione in un documento di 40 pagine, pubblicato il 22 febbraio ma secretato poco dopo imponendo il silenzio a tutti i membri del Governo e del Comitato Tecnico Scientifico che ne erano entrati in possesso. Lo scoop del CorSera arriva soli due giorni dopo la “negazione” e “smentita” del Ministro della Salute Roberto Speranza dell’esistenza del suddetto piano “segreto”: rispondendo alle accuse di Salvini contro il Governo – che non ha avvisato Parlamento, Regioni e opposizioni sui rischi iniziali del coronavirus – il titolare della Salute solo due giorni fa diceva «nessun piano segreto del Governo […] Il governo non ha mai disposto alcuna secretazione su alcun atto, è stata una scelta del Cts perché si trattava di un documento con ipotesi molto variegate, per non diffondere allarme per un verso ma anche perche il range di ipotesi al vaglio era molto ampio. La valutazione è stata quella di non rendere pubblico uno studio ancora in corso, con un range di ipotesi larghe e differenti, difficili da rendere pubbliche».



IN COSA CONSISTE IL PIANO SEGRETO ANTI-COVID

Invece il testo esiste eccome e non era “in itinere” ma era reale e ultimato, fissando inoltre due priorità fondamentali: le scorte di dispositivi di protezione individuale (guanti, mascherine etc.) e la disponibilità di maggiori posti in terapia intensiva. L’obiettivo del piano “segreto” è «garantire un’adeguata gestione dell’infezione in ambito territoriale e ospedaliero senza compromettere la continuità assistenziale, razionalizzando l’accesso alle cure, per garantire l’uso ottimale delle risorse. L’erogazione di cure appropriate ridurrà la morbilità e la mortalità attenuando gli effetti della pandemia», si legge negli stralci pubblicati dal Corriere della Sera. Il piano è stato originariamente redatto dal ricercatore Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler il 19 febbraio, poi presentato al Cts e in seguito al Governo Conte il 22 febbraio; qui trovate tutti i passaggi cronologici e specifici di quel piano presentato, ma occorre sapere che la secretazione è stata imposta – sebbene sia stata smentita più volte dal Ministro Speranza e dagli altri membri del Governo – per non spaventare la popolazione con dati e previsioni poi non del tutto (per fortuna) rispettati dal corso della pandemia.



I 3 SCENARI E IL ‘NODO” REGIONI

Resta però molto delicato l’impianto di quel piano segreto visto che, a fronte delle due priorità denunciate come assolutamente urgenti dai tecnici che vi hanno lavorato, le dotazioni nelle prime settimane della fase 1 non sono state sufficienti, né per il personale sanitario né per i malati. Nell’atto ancora secretato vengono espressi 3 livelli di rischio: «rischio 1, sostenuta ma sporadica trasmissione e diffusione locale dell’infezione»; rischio 2, «diffusa e sostenuta trasmissione locale con aumentata pressione sul Ssn che risponde attivando misure straordinarie preordinate»; rischio 3, «diffusa e sostenuta trasmissione locale con aumentata pressione sul Ssn che risponde attivando misure straordinarie che coinvolgono anche enti e strutture non sanitarie». Sono però gli ultimi due scenari con indice di contagio rispettivamente a 1,15 e 1,25 ad aver avuto in proiezione il gap maggiore tra posto in terapia intensiva reali e necessari: «le misure di contenimento tempestive e radicali sono efficaci nel ridurre l’R0 sotto il livello soglia e nel tenere sotto controllo l’epidemia». Non solo, in neretto – sottolinea il Corriere – vi si vede scritto «dalla conferma del primo caso di trasmissione locale diventa fondamentale attivare tempestivamente misure di contenimento». Inoltre, il piano “segreto” mette sul tavolo il complesso nodo del rapporto Regioni-Stato centrale: «In stato di emergenza nazionale, le Regioni e le Province autonome devono superare le regole, i principi e le attuali differenze programmatiche che derivano dall’adozione di modelli organizzativi fortemente differenti soprattutto per le attività di emergenza», si legge nel piano rimasto segreto e che avrebbe dovuto comportare una più rigida centralizzazione della gestione pandemica per un «mandato forte e direttivo che, nel rispetto delle singole organizzazioni regionali, definisca l’efficienza degli interventi da attuare ma soprattutto l’efficacia delle azioni pianificate».

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