Francis Fukuyama, celebre storico e politologo americano di origini giapponesi, in un articolo pubblicato in Italia da La Stampa prova a dare la sua risposta alla domanda più in voga del momento: come cambierà il mondo dopo la pandemia di Coronavirus? Le crisi hanno sempre conseguenze importanti, di solito impreviste, ricorda Fukuyama. Gli storici futuri tracceranno gli effetti dell’attuale pandemia di Coronavirus: la sfida è capirli in anticipo.
Il politologo evidenzia che alcuni Paesi hanno affrontato la crisi meglio di altri: criteri decisivi sono stati capacità dello Stato, fiducia sociale e leadership. Per Fukuyama, la crisi Coronavirus “si protrarrà per anni” e l’economia ripartirà lentamente: una crisi prolungata significherà maggiori fallimenti e il disastro per settori come centri commerciali, catene di negozi e viaggi. La concentrazione del mercato nell’economia degli Stati Uniti è in aumento da decenni e la pandemia alimenterà la tendenza perché solo le grandi aziende saranno in grado di superare la tempesta, in primis i giganti della tecnologia.
Le conseguenze politiche potrebbero essere ancora più significative, secondo Fukuyama, perché gli “atti eroici di sacrificio collettivo”, non possono durare per sempre: un’epidemia persistente, perdite di posti di lavoro e recessione creeranno tensioni, che si trasformeranno in un contraccolpo politico e “la distribuzione globale del potere continuerà a spostarsi verso Est, perché l’Asia orientale ha gestito meglio la situazione rispetto ad Europa e Stati Uniti”.
FUKUYAMA: CINA IN ASCESA E RISCHIO FASCISMO
La pandemia ha avuto origine in Cina, che però secondo Fukuyama trarrà beneficio dalla crisi, perché Pechino sta già tornando a far correre l’economia. Gli Stati Uniti, al contrario, hanno risposto male e hanno visto crollare il loro prestigio, anche a causa di Donald Trump, bollato come “un leader incompetente” che ha alimentato la divisione. Potremmo dunque andare verso una “erosione dell’ordine liberale internazionale e alla rinascita del fascismo in tutto il mondo”, ma non è detto che sia la fine della democrazia liberale, un sistema che secondo Fukuyama ha confuso molte volte gli scettici.
Tuttavia nazionalismo, isolazionismo, xenofobia e attacchi all’ordine mondiale liberale sono in aumento da anni e questa tendenza sarà accelerata dalla pandemia. Pure in Europa, “piuttosto che cooperare costruttivamente per il bene comune, i Paesi si sono rinchiusi, hanno litigato l’uno con l’altro e hanno fatto dei loro rivali politici capri espiatori per i propri fallimenti”.
L’ascesa del nazionalismo aumenterà la possibilità di conflitti internazionali, anche se la turbolenza internazionale è meno probabile della turbolenza interna: “I Paesi poveri con città affollate e sistemi sanitari pubblici deboli saranno duramente colpiti”, perché pure lavarsi le mani è difficile nei Paesi in cui non si ha accesso all’acqua pulita e le scelte dei governi spesso hanno peggiorato la situazione, ad esempio in India.
FUKUYAMA: STATI COMPETENTI PER RILANCIARE DEMOCRAZIA
Nei Paesi più poveri, in Africa ma non solo, si scivolerà al limite della sussistenza, con tutto ciò che ne consegue, dai rischi di rivoluzioni alle migrazioni dei disperati, che però verranno accolti sempre peggio da un Nord del mondo a sua volta in sofferenza. Le teorie cospiratorie potranno prosperare. Dall’altro lato però la resilienza della democrazia, come dopo la Grande Depressione, potrebbe produrre esiti politici positivi e portare a riforme strutturali a lungo attese.
Fukuyama auspica “un benefico effetto di selezione, premiando governi che fanno bene e penalizzando quelli che fanno male”, tra i quali cita su tutti il brasiliano Jair Bolsonaro, ma pure Vladimir Putin. Il divario tra ricchi e poveri di certo aumenterà durante la stagnazione, ma chi avrà la capacità di fornire soluzioni potrà rifiorire, frenando le forme estreme di neoliberismo.
Serve uno Stato competente: quale privato potrebbe stanziare 2,3 trilioni di dollari per sostenere aziende e persone colpite dalla pandemia, come ha fatto il Congresso Usa? Secondo Fukuyama dunque tutto è ancora possibile e il post pandemia potrebbe anche rilanciare il merito e la cooperazione internazionale, grazie anche agli scienziati. Fukuyama esorta dunque a “non perdere le speranze”, perché i Paesi con governi legittimi e capaci “ne usciranno relativamente bene e potrebbero intraprendere riforme che li rendano ancora più forti e resistenti”.
FUKUYAMA: “TRUMP PEGGIORE LEADER USA, SE VINCESSE LE ELEZIONI…”
Molto però dipenderà da quanto saranno i Paesi invece con scarsa capacità statale o scarsa leadership, fattore di instabilità. Molti di più sono stati i governi che non ce l’hanno fatta. Un’altra ragione per il pessimismo, secondo Fukuyama, è che gli scenari positivi presumono un discorso pubblico razionale, mentre il legame tra competenza e politica pubblica è più debole che in passato.
Il politologo rinnova in tal senso il suo attacco a Donald Trump, “il leader più incompetente e divisivo” nella storia moderna degli Usa già prima della pandemia, tanto che Fukuyama si augura esplicitamente che a novembre non venga rieletto, altrimenti “le possibilità di una più ampia ripresa della democrazia o dell’ordine liberale internazionale diminuiranno”. Qualunque sia il risultato elettorale, tuttavia, è probabile che rimanga una profonda polarizzazione: andare al voto durante una pandemia sarà difficile e i perdenti scontenti saranno incentivati a metterne in dubbio la legittimità e chiunque vincerà dovrà fare i conti con un Paese in ginocchio.
Per Fukuyama dunque la pandemia farà “selezione”, perché alcune parti del mondo ne usciranno più velocemente di altre: “Violente convulsioni globali sono improbabili e la democrazia, il capitalismo e gli Stati Uniti in passato si sono già dimostrati capaci di trasformarsi. Ma dovranno, di nuovo, estrarre il coniglio dal cappello”, è la conclusione di Fukuyama, che quel coniglio (democratico) lo auspica dalle elezioni.