La battaglia contro la pandemia Covid è tutt’altro che finita. L’emergenza geopolitica dettata dalla guerra Russia-Ucraina ha spostato ora l’attenzione dell’opinione pubblica, ma il fatto che si parli meno del coronavirus non vuol dire che la questione sia archiviata. C’è anzi un aspetto della vicenda che preoccupa e riguarda i pazienti immunocompromessi ed è finito sotto la lente di ingrandimento del National Geographic. Si tratta di persone che a causa delle loro particolari condizioni non hanno sviluppato una robusta immunità contro il Covid, nonostante siano state vaccinate. Solo negli Stati Uniti ci sono circa 10 milioni di persone con un sistema immunitario compromesso. Pertanto, sono esposte al Covid anche se vaccinate.



Le ragioni di questo problema chiamano in causa le aziende farmaceutiche, che hanno escluso gli individui immunocompromessi dalle sperimentazioni né hanno condotto prove separate. Una questione di lunga data, che va ben oltre i vaccini anti Covid. A ciò si aggiunge il fatto che queste persone hanno ricevuto le stesse raccomandazioni. Quindi, quando il Centers for Disease Control and Prevention affermava che le persone che avevano completato il ciclo vaccinale potevano non indossare più le mascherine, quelli immunodepressi si sono ritrovati esposti al contagio e ai suoi rischi.



PERCHÉ VACCINI MENO EFFICACI IN IMMUNODEPRESSI

Perché i vaccini anti Covid non funzionano bene con i malati immunocompromessi? Quando vengono somministrati, il sistema immunitario si attiva, stimolando la produzione di anticorpi che possono legarsi al coronavirus e impedirgli di infettare le cellule. Inoltre, attiva le cellule T, le cosiddette cellule della memoria che hanno il compito di ricordare come rispondere quando ci si contagia. Negli immunocompromessi, però, le risposte immunitarie sono attenuate. Ciò riguarda persone che assumono farmaci immunosoppressivi per malattie autoimmuni, trapianti d’organo, tumori, infezioni da Hiv e altre patologie. Nel caso delle persone sottoposte a trapianto di organo, il sistema immunitario tende a ritenere questo come estraneo e quindi prova a rifiutarlo. Per contrastare questi attacchi si usano tali farmaci che riducono l’attività del sistema immunitario per impedirgli che attacchi l’organo. Ciò però comporta anche una ridotta risposta alla vaccinazione. Come evidenziato da National Geographic, diversi studi hanno dimostrato che due dosi di vaccino a mRna sono insufficienti per questi individui, in particolare per chi viene sottoposto a trapianto di rene. Ma è anche emerso che la terza dose è in grado di far sviluppare un livello di anticorpi pari a quello delle persone che ricevono due dosi di vaccino.



DUE ANNI DOPO STUDI PER IMMUNOCOMPRESSI

Ci sono persone però che hanno addirittura bisogno di cinque dosi. In teoria, però, troppe dosi dello stesso vaccino potrebbero creare un “problema di tolleranza“, in altre parole una risposta immunitaria più bassa proprio perché le dosi sono numerose. Il corpo, che ha imparato a conoscere bene il vaccino, ad un certo punto potrebbe ritenere non necessario sviluppare altri anticorpi, anche se in realtà non ne aveva prodotti a sufficienza o erano calati nel frattempo. A livello pratico, il problema è che gli individui immunodepressi si ritrovano costantemente a rischio contagio, e nel loro caso questo vuol dire anche rischiare di finire in ospedale e morire per il Covid. Di conseguenza, non potendo contare su una protezione efficiente del vaccino, hanno un solo rimedio: isolarsi. La comunità scientifica, però, non è affatto ferma. Il National Geographic ha ricordato che sono in corso studi clinici per incrementare la risposta immunitaria degli immunocompromessi. In alcuni, ad esempio, si sta valutando di ridurre le terapie immunosopressive a ridosso della vaccinazione per valutare se ciò aiuta la risposta immunitaria. In tutti questi casi, è evidente, il monitoraggio costante dei pazienti è fondamentale. Così come la pazienza, perché i risultati non sono immediati. Nel frattempo, però, il Covid continua a rappresentare un pericolo per queste persone. Anche per coloro che, non potendosi vaccinare a causa di una grave allergia o una condizione particolare di immunocompressione, possono solo accedere all’anticorpo monoclonale Evusheld, le cui forniture però sono limitate.