L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha trascinato anche un malessere psicosociale. Una sofferenza, spesso sottovalutata nella cura della pandemia, che si esprime con diverse manifestazioni. Dolore per la perdita dei propri cari, paura della morte e dell’incertezza per il futuro, shock per la perdita di posti di lavoro, smarrimento per le condizioni di isolamento e restrizione dei movimenti, intolleranza verso dinamiche familiari difficili e, soprattutto per il personale medico, un esacerbato coinvolgimento emotivo legato alla sofferenza dei pazienti e a un sentimento di compassione.
Le situazioni di emergenza producono sempre anche delle emergenze psichiche, i cui sintomi continuano a manifestarsi a distanza di mesi, se non di anni. In gergo il fenomeno viene indicato come “onda lunga”. A metà ottobre il centro studi del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi, Cnop, ha rilevato che oltre la metà della popolazione nazionale registrava un livello di stress psicologico tra 70 e 100 su base cento. Ci si attesta agli stessi livelli del lockdown, ma con caratteristiche più preoccupanti. Allora dominava la componente ansiosa mitigata da una prospettiva di liberazione; mentre oggi predomina rabbia, depressione e forte disorientamento.
“Si osserva un aggravamento di sintomi esistenti, oppure riaffiorano traumi pregressi, o ancora insorgono nuovi casi di disturbi mentali”, spiega Rosa Romano Toscani, psicoterapeuta, socia fondatrice della Società Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica, che ha pubblicato Emozioni al tempo del coronavirus. Una crisi di sofferenze psichiche acuita dall’impossibilità di praticare la terapia psicoanalitica con la vicinanza fisica in prima istanza; poi dalla necessità per gli stessi terapeuti di assestarsi su un setting di emergenza facendo i conti con le proprie paure e angosce per essere in grado di aiutare i pazienti.
Non sorprende quindi assistere a un boom di App come Calm, Talkspace e Headspace che promettono un aiuto nella gestione dell’ansia e dello stress. In un’epoca in cui la tecnologia, la scienza e la medicina sono più intrecciate che mai, le start-up digitali per la salute, anche nel campo mentale, sono in forte crescita. I servizi offerti spaziano dal collegamento con un terapista dal vivo, all’aiuto per trovare il sonno, piuttosto che lo scandagliamento di biblioteche di esercizi di respirazione e di meditazione.
L’assistenza mentale virtuale ha calamitato un’attenzione ancora maggiore durante la crisi del Covid-19, ma continuerà a essere molto richiesta anche nel confronto con la nuova normalità post-pandemica. Stiamo assistendo a un’accelerazione, riconosce Nate Beyor, consulente esperto di salute digitale al gruppo BCG. Non solo queste applicazioni si propongono di aiutare le persone a superare determinati blocchi – di sonno, di concentrazione, di fobie -, ma vogliono mettere direttamente nelle loro mani trattamenti normalmente confinati nelle pratiche delle cliniche psichiatriche con la (rischiosa) promessa di autocura: “Diventa il tuo terapista”.
Le tre aziende leader nella salute digitale, Click Therapeutics, Pear Therapeutics e Orexo, hanno tutte sviluppato software per il trattamento delle malattie mentali con terapia cognitivo-comportamentale. Si tratta di un approccio che aiuta le persone a capire perché pensano e agiscono nel modo in cui agiscono e le asseconda nel modificare queste abitudini con un training specifico. Ma secondo il pensiero di numerosi psicoterapisti, è un approccio che generalmente sopprime il sintomo ma non cura le cause profonde del disagio. La discriminante non è il costo, perché queste applicazioni possono costare quanto un percorso di terapia e farmaci, ma sono ubique, accessibili e meno impegnative (come disciplina mentale) del rapporto interpersonale con un psicoterapista. Somryst, la prima App che ha ricevuto l’approvazione della Food and Drug Administration per il trattamento dell’insonnia costa quasi 900 dollari, mentre Click sviluppa CT152 un trattamento digitale della depressione.
Non può essere pericoloso mettere nelle mani del paziente strumenti psicologia clinica? Quale pronto intervento in casi eccezionali come quelli di un’onda pandemica forse può aiutare, ma nella sofferenza psichica rimane centrale il rapporto diretto tra umani, e non intermediato con un’interfaccia macchina. Non a caso, unico nel suo genere, il ministero della Salute ha attivato, nel post-lockdown, un servizio psicologico in remoto che ha ricevuto oltre 50mila chiamate. Articolato in quattro colloqui gratuiti più un follow-up per valutare se era necessaria indirizzare il richiedente verso dei servizi sociosanitari pubblici, l’iniziativa è stata resa possibile grazie alla rete di 500 psicologi dell’emergenza della Protezione Civile, ai quali si sono affiancati per un secondo livello di ascolto approfondito e competente, i 1.500 psicoterapeuti affiliati alle associazioni facenti parte della Consulta Cnop.