Per tre anni una piccola testata tedesca ha combattuto in tribunale con le autorità per i verbali delle riunioni sulla gestione della pandemia Covid a cui ha preso parte il team di crisi del Robert Koch Institute, che si occupa del controllo e della prevenzione delle malattie infettive e fa capo al Ministero federale della salute. Alla fine, tutti i documenti sono stati pubblicati, ma molte pagine erano oscurate, ma una persona dell’RKI ne ha avuto abbastanza e ha fornito alla giornalista Aya Velazquez i file completi per tutti e quattro gli anni della pandemia, senza alcuna rielaborazione. Il contenuto dei verbali, che finora erano stati pubblicati solo parzialmente, aveva già suscitato scalpore, perché a sei mesi dall’introduzione dell’obbligo delle mascherine si leggeva: «Non ci sono prove per l’uso delle maschere FFP2 al di fuori della salute e della sicurezza sul lavoro, anche questo potrebbe essere reso disponibile al pubblico». Ma ora scoppia una vera e propria bufera in Germania a causa delle rivelazioni scottanti che emergono da queste carte.



Ad esempio, sin dall’inizio era noto che le scuole non erano un fattore determinante per i tassi di infezione, eppure in Germania le scuole sono rimaste chiuse per mesi. Inoltre, il fatto che il vaccino di Astrazeneca fosse «meno che perfetto» era noto anche all’RKI e al team di crisi per il coronavirus, nonostante ciò sono proseguite le somministrazioni in Germania per molti mesi, anche dopo che sono stati resi noti gli effetti collaterali più gravi. C’erano stati anche accesi dibattiti su chi avesse classificato la valutazione del rischio come “alta” all’inizio della pandemia, anche se apparentemente la diffusione del virus non era ancora elevata: è emerso che si tratta Lars Schaade, l’attuale presidente dell’Istituto Robert Koch.



L’INCHIESTA DELLA GIORNALISTA AYA VELAZQUEZ

«Un informatore, un ex dipendente del Robert Koch Institute, mi ha contattato e mi ha rivelato il set di dati. I dettagli sulla persona sono ovviamente soggetti alla protezione degli informatori, ma posso dire questo: la persona lo ha fatto per motivi di coscienza. Per la verità, per un’indagine completa sulle misure relative al coronavirus e, non da ultimo, per i cittadini di questo Paese», ha raccontato la giornalista freelance Aya Velazquez su X, secondo cui questa fuga di notizie potrebbe essere una sorta di gesto di riconciliazione. «Anche se negli ultimi quattro anni la RKI ha svolto un ruolo piuttosto inglorioso, cedendo a una politica eccessiva che viola i diritti fondamentali, negli ultimi quattro anni ci sono state anche persone all’interno della RKI che sono state dalla parte dei cittadini e non hanno condiviso le azioni della loro autorità, le raccomandazioni contraddittorie ai politici e l’approvazione di decisioni politiche arbitrarie», ha aggiunto.



Per quanto riguarda il contenuto, anticipa che ci sono «palesi contraddizioni», traendo la conclusione che la gestione della pandemia Covid in Germania «non si è basata su considerazioni razionali e scientifiche. Numerose decisioni politiche, come la 2G, la vaccinazione obbligatoria generale basata su strutture e pianificata, o la vaccinazione dei bambini, erano decisioni puramente politiche per le quali l’RKI, in quanto autorità vincolata da istruzioni, forniva una presunta legittimazione scientifica».

LO STUDIO “NASCOSTO” PER NON CONTRADDIRE IL GOVERNO

Ad esempio, Jens Spahn del Cdu, ministro della Salute fino al 2021, era a favore di una campagna di vaccinazione infantile su larga scala già prima della raccomandazione dell’Agenzia europea del farmaco (Ema) e del Comitato permanente per la vaccinazione presso il Robert Koch Institute (STIKO). Gli interessi politici hanno talvolta avuto la precedenza sui pareri scientifici?

Il virologo Christian Drosten, un punto di riferimento in Germania durante la pandemia Covid, ad esempio, decise di non pubblicare uno studio perché i suoi risultati avrebbero contraddetto le azioni del governo, alimentando i dubbi sul fatto che le scoperte scientifiche fossero influenzate dalle decisioni politiche.

LE RIVELAZIONI SUGLI STUDI DI FASE III DI PFIZER

Inoltre, l’RKI non si oppose quando l’Ema e Pfizer decisero di saltare gli studi di Fase III e testare subito la vaccinazione su tutta la popolazione, in modo da ottenere più rapidamente l’autorizzazione di emergenza. Si tratta di un passaggio particolarmente delicato, perché gli studi di fase III sono fondamentali per confermare la sicurezza e l’efficacia di un vaccino, quindi saltare queste prove a favore di una più rapida autorizzazione d’emergenza poteva comportare rischi significativi. Questa rivelazione sottolinea l’urgenza e la pressione con cui sono state prese le decisioni durante la pandemia, in particolare la pressione a cui erano sottoposti i responsabili per trovare soluzioni rapide, d’altra parte saltando questo step, i potenziali effetti collaterali o le reazioni inattese non sono stati completamente identificati.

I verbali del Robert Koch Institute dimostrano che i responsabili erano disposti a correre rischi considerevoli per immettere i vaccini sul mercato più rapidamente. Peraltro, gli scienziati dell’istituto considerarono troppo rischiosa tale mossa e si opposero, ma non fu permesso di rendere pubbliche le loro gravi preoccupazioni. Anche quando Pfizer e i politici tedeschi spinsero per i richiami del vaccino anti Covid, l’RKI era scettico al suo interno per motivi scientifici, in quanto «finora non sono disponibili dati sufficienti», ma il capo dell’istituto, Lothar Wieler, tagliò corto: «Le misure non devono essere messe in discussione».

RESTRIZIONI E VACCINI, LE VOCI IGNORATE

La giornalista ha scoperto che «l’RKI si è purtroppo espresso a favore della vaccinazione obbligatoria sia in strutture che in generale, nonostante la consapevolezza della mancanza di protezione esterna e degli effetti collaterali più gravi». Da una prima analisi di questi documenti (la cui valutazione è in corso, trattandosi di ben 10 GB di dati) emerge che all’interno della RKI e tra la popolazione vi era una notevole resistenza a determinate misure: la vaccinazione nelle case di riposo e di cura, ad esempio, ha incontrato una sorprendente resistenza, anche all’interno dell’RKI si sono alzate voci che hanno messo in discussione le decisioni politiche.

Quindi, non tutti i dipendenti dell’istituto erano d’accordo con le misure sul covid in Germania. I verbali contengono riferimenti alla resistenza della popolazione nei confronti di alcune misure, le opinioni sulle vaccinazioni variavano notevolmente nelle diverse regioni. Ma queste differenze dimostrano quanto sia importante tenere conto delle opinioni e delle preoccupazioni della popolazione quando si pianificano e si attuano misure sanitarie.

Colpisce poi una breve corrispondenza tra due dipendenti del Robert Koch Institute, presente in una nota: riguarda l’affermazione del ministro federale della Sanità Karl Lauterbach secondo cui si trattava di una «pandemia dei non vaccinati». Per gli esperti si trattava di una sciocchezza: «Pandemia dei non vaccinati non è tecnicamente corretto. Siamo autorizzati a dirlo pubblicamente?». Il collega gli rispondeva di non smentire il ministro. Ma non si tratta di un caso isolato: molte note interne della RKI sottolineano esplicitamente che le dichiarazioni pubbliche di Lauterbach e le attuali scoperte scientifiche spesso si contraddicevano.

COVID GERMANIA, LA VERITÀ SUI BAMBINI E LA CHIUSURA DELLE SCUOLE

Alla conferenza stampa di presentazione di questo scoop, Bastian Barucker, che ha collaborato con la collega Aya Velazquez, ha spiegato che il 73% dei bambini in Germania sono stati e spesso sono ancora gravemente colpiti psicologicamente non dal virus ma dalle misure, più che in qualsiasi altro Paese d’Europa. Eppure, dai documenti si evince che, secondo il Robert Koch Institute, i bambini non sono mai stati significativamente a rischio, e certamente non sono stati diffusori del virus. Una nota afferma letteralmente: «I bambini non sono importanti fattori di trasmissione». Il virologo Christian Drosten raccomandava di chiudere le scuole, ma l’RKI non lo riteneva affatto sensato, ma Jens Spahn, quando era ancora Ministro della Sanità, ordinò espressamente di inserire in un documento della RKI un passaggio in cui si valutava positivamente la chiusura delle scuole.

Inoltre, all’interno dell’RKI non si riteneva che l’obbligo generale di indossare le mascherine – soprattutto nelle scuole – sarebbe stato utile, ma anzi era considerato dannoso; ciononostante, il governo decise a favore dell’obbligo di mascherine. Questo è costato ai contribuenti qualche miliardo di euro in termini economici, ma i danni sono stati anche psicologici, come abbiamo visto. Infine, è stato fatto notare che dai nuovi documenti mancano anche almeno due riunioni dell’RKI, da qui l’ipotesi che siano state discusse questioni così esplosive da non essere state verbalizzate fin dall’inizio.

VIDEO CONFERENZA STAMPA DELLA GIORNALISTA AYA VELAZQUEZ