Oltre 31mila contagi, 199 morti e indice Rt sui casi sintomatici arrivato a 1,7: nelle ultime 24 ore i dati epidemiologici confermano che il virus è in piena corsa. Il premier Conte avverte che ci stiamo avvicinando allo Scenario 4, il più grave; il sindaco di Milano, Sala, si aspetta “un inverno di grande difficoltà”; in Campania il governatore De Luca chiude anche nidi e scuole dell’infanzia, la Valle d’Aosta fa scattare il coprifuoco e in Veneto si preparano 10 Covid center. Epidemia ormai fuori controllo o si può fare ancora qualcosa? Lo scenario 4 è un approdo inevitabile? “È un approdo naturale – risponde Donato Greco, specializzato in malattie trasmissibili, igiene e sanità pubblica, epidemiologia e biostatistica medica, per oltre 30 anni una delle figure di riferimento dell’epidemiologia e della prevenzione italiane –. Il Covid sta facendo il suo percorso, del tutto normale, tipico dei coronavirus”.



E quale sarebbe?

È tuttora in corso un picco epidemico, in evoluzione e che non ha ancora raggiunto l’acme, poi probabilmente comincerà a scemare nel mese di novembre, così come è successo dopo marzo/aprile. Quindi, siamo di fronte a un normale andamento epidemico in una endemia di questo virus nuovo.

Possiamo comunque evitare lo scenario peggiore?



Evitare no, però l’impatto di questo virus si può ridurre. La parola chiave è mitigazione.

Che cosa dicono le curve epidemiologiche? Andiamo verso un picco, e quando, o un plateau come nella prima ondata?

Andiamo verso un picco, con successiva discesa, nelle prossime settimane. Sarei ottimista pensando che dai primi di dicembre ci ritroveremo di nuovo in una fase endemica bassa.

Bertolaso chiede un lockdown generale, immediato, di un mese, per resettare tutto. Che ne pensa?

Un lockdown generale e immediato ha un costo altissimo sul piano sociale, morale ed economico e non sortisce l’effetto che Bertolaso sognerebbe.



Perché?

Qualunque cosa faccia l’uomo in questo momento otterrà un effetto mitigatorio, ma non impedirà mai al virus la sua corsa naturale. Succede con tutti i virus respiratori. Pensi all’influenza classica: noi ci vacciniamo bene tutti gli anni, ma non facciamo un baffo alla curva epidemica dell’influenza.

Possono servire lockdown mirati?

Con un accurato e capillare contact tracing, come è stato fatto in altre parti del mondo, si può conseguire un contenimento importante del contagio, circoscrivendo i focolai sul nascere. Si possono ridurre i numeri, ma qui non parliamo solo degli infetti, perché in fondo mille infetti sono mille protetti, ma di quei pochi, l’1%, che vanno a finire in ospedale o nelle rianimazioni.

Nelle strategie di contrasto adottate contro il Covid-19, dove sono oggi i punti deboli: tamponi, medicina territoriale, ospedali, terapie intensive…?

Fin dal primo giorno dell’epidemia è apparso chiaro che, mentre gli ospedali, seppur con degli errori, hanno messo in atto uno sforzo importante di risposta agli ammalati gravi, la medicina territoriale ha fallito completamente: non aveva le capacità, la cultura e le strutture. Del resto, la medicina territoriale è stata massacrata negli ultimi 15 anni.

In Piemonte i mezzi pubblici viaggeranno al 50% di carico, mentre in Campania il governatore De Luca ha deciso la chiusura anche di nidi e scuole dell’infanzia. Trasporti e scuola sono due fonti pericolose di focolai?

Assolutamente no. Sono posizioni politicamente indotte e scientificamente deboli. La riapertura delle scuole per più di 9 milioni di studenti non ha prodotto onde epidemiche importanti. E non c’è un’evidenza scientificamente provata sui fattori di rischio sui mezzi pubblici. Sono “cantonate” che hanno un unico vantaggio: ridurre la circolazione delle persone.

È vero che questa seconda ondata è frutto di una variante spagnola del virus, più cattiva?

No, non è vero, è una delle tante bufale che circolano. Il virus, che ormai è stato isolato in decine di migliaia di esemplari, è sempre lo stesso. Chiaramente presenta delle variazioni antigeniche come tutti i virus a singola elica Rna, quelli della classe cosiddetta dei virus deboli, che commettono errori regolarmente nella riproduzione. Un comportamento tipico dei virus respiratori. Non c’è quindi un nuovo virus. Certo, la carica virale cambia quando cambia l’epidemiologia: nei picchi epidemici le cariche infettanti sono maggiori solo perché ci sono più soggetti che concorrono a moltiplicare il virus nella propria gola.

Asintomatici e super-diffusori: si possono rintracciare e tracciare?

Gli asintomatici hanno ormai un ruolo marginale nella catena della trasmissione del Covid. Sono tanti e non è pensabile rintracciarli tutti.

E i “super spreader”?

Quelli sì sono importanti da rintracciare. Il guaio però è che quasi sempre si identificano a babbo morto, a posteriori, quando già hanno fatto il loro lavoro. Questo è avvenuto anche per la Sars a Hong Kong nel 2002 e per la Mers nel 2009. Impossibile controllarli, mica girano con il cartellino…

La gente ha molta paura del Covid: un allarmismo indotto o giustificato?

Entrambe le cose. Di fatto, il Covid è un virus nuovo e ovviamente fa paura. Ma la paura nella popolazione non aiuta la convivenza con il virus. Il messaggio che ci sta lanciando il Covid è che dobbiamo convivere con lui come con tutta la grande famiglia dei virus che attaccano le vie respiratorie. Adesso si aggiunge questo nuovo animale, che non è destinato ad andarsene domani mattina.

Il vaccino potrà essere l’arma risolutiva?

Risolutivo è una parola che esiste per il vaiolo, la poliomielite, il morbillo, ma non per i virus respiratori. Chi è mai riuscito a controllare il raffreddore? Essendo zoonotici, bisognerebbe eliminare questi virus da tutti gli animali, mentre l’uomo viene acchiappato solo casualmente. Di certo il vaccino produrrà un forte effetto di mitigazione, con una riduzione di ammalati e di decessi.

Non sarebbe stato utile che il governo fin da febbraio ripristinasse il Cdc, il Centro di prevenzione e controllo delle malattie infettive, come decise il ministro Sirchia nel 2003 con la Sars? Che cosa avrebbe potuto e dovuto fare il Cdc?

Assolutamente sì. Il Cdc avrebbe evitato questa centralizzazione “teocratica” nella gestione dell’epidemia, soprattutto inserendo azioni di intelligenza e di “intellighenzia epidemiologica”, sul campo, che era tra le funzioni del Cdc, purtroppo poi smantellato.

Che cosa intende per “intellighenzia epidemiologica”?

Faccio un esempio. Vogliamo chiudere piscine, teatri o negozi di parrucchieri? Prima di farlo, sarebbe utile e necessario rispondere a una domanda: quanti casi di Covid sono stati associati frequentando una piscina, un teatro o un negozio di parrucchiere? Sono, quindi, indagini epidemiologiche retroattive che fanno parte dell’attività di routine del Cdc. Invece oggi si preferisce chiudere alla cieca, senza indagare sul risk assessment, cioè la valutazione del rischio per categorie.

(Marco Biscella)

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