Scoperto il codice evolutivo del covid

Un gruppo di ricercatori cinesi è riuscito a decifrare il codice evolutivo del covid, scoprendo di fatto con quale logica il virus si evolve nelle sue varianti note fino ad ora. Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature e sembra aprire la strada ad un nuovo modo di gestire e prevenire le future varianti di coronavirus, in modo da non trovarci impreparati ad eventuali variazioni che potrebbero essere più contagiose o mortali.



Oltre a questo, il nuovo studio sul codice evolutivo del covid permetterebbe di sviluppate farmaci e vaccini più efficienti, in grado di rispondere più velocemente ad eventuali futuri sviluppi del virus. In generale, gli scienziati hanno concluso che il meccanismo alle base delle evoluzioni del covid è già noto ed è tecnicamente chiamato evoluzione convergente, ovvero la capacità che hanno alcuni virus di sviluppare variazioni simili, indipendentemente l’una dall’altra, in virtù di pressione selettive esterne, che nel caso del coronavirus sono i vaccini che hanno messo a dura prova la trasmissibilità del virus che ha colpito l’umanità nell’arco degli ultimi due anni.



L’evoluzione del covid e le sue implicazioni future

Insomma, la scoperta del codice evolutivo del covid sarebbe piuttosto importante anche se forse, per ora, è difficile comprenderne l’effettiva portata. Si tratta, per lo più, di informazioni utili agli scienziati ed ai ricercatori, oltre che alle case farmaceutiche, per uno sviluppo più efficiente di farmaci e vaccini, ma anche per prevedere l’eventuale entità di future ondate, magari agendo per tempo con le limitazioni a cui siamo abituati, prima che la diffusione di una futura torni ad essere problematica.

“Dimostriamo che queste mutazioni convergenti possono causare un’evasione sorprendente dei farmaci anticorpali neutralizzanti e del plasma convalescente”, spiegano gli autori dello studio sulle evoluzioni del covid. Le varianti più critiche per gli anticorpi, secondo le loro conclusioni, sarebbero BQ.1.1.10, BA.4.6.3, XBB e CH.1.1, tutte derivanti dal ceppo Omicron, che da tempo è il più diffuso in tutto il mondo. “Questi risultati suggeriscono che l’attuale immunità di gregge e i richiami del vaccino BA.5 potrebbero non prevenire efficacemente l’infezione delle varianti convergenti di Omicron”, concludono gli autori, suggerendo la necessità di uno sviluppo più mirato di farmaci e vaccini contro il covid.