I contagi tra i vaccinati superano abbondantemente le previsioni numeriche effettuate all’alba della campagna vaccinale e, di fronte all’inquietudine delle persone, la scienza sembra essere disarmata e non avere risposte. Lo scrive “Bloomberg”, secondo cui c’è una crescente preoccupazione che i soggetti sottoposti all’inoculazione del siero anti-Covid possano essere più vulnerabili alla malattia grave di quanto si ritenesse in precedenza. In tal senso, si registra una vera e propria esiguità di studi scientifici in grado di fornire risposte concrete, con i responsabili politici e i dirigenti aziendali che si ritrovano soli, con informazioni frammentarie, a formulare piani per la sicurezza.



“Dobbiamo essere umili su quello che sappiamo e su quello che non sappiamo”, ha asserito a chiare lettere Tom Frieden, un ex direttore dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie e capo dell’associazione no-profit Resolve to Save Lives. Gli ha fatto eco Monica Gandhi, esperta di malattie infettive presso l’Università della California a San Francisco, la quale ha sottolineato che “sì, adesso abbiamo a disposizione un numero decisamente maggiore di casi“, ma “non abbiamo grandi dati clinici”.



CONTAGI TRA VACCINATI: QUANTI FOCOLAI NEGLI USA!

Come riporta ancora “Bloomberg”, uno dei focolai più noti alle cronache tra persone vaccinate si è registrato nella piccola città balneare di Provincetown, nel Massachusetts, ove numerosi individui vaccinati e non vaccinati si sono riuniti sulle piste da ballo e alle feste in casa in occasione del 4 luglio: ebbene, circa tre quarti delle 469 infezioni riconducibili a quel momento, sono avvenute tra vaccinati. Inoltre, uno studio del Cdc, in Colorado, ha scoperto che il tasso di infezione in una contea, Mesa, era significativamente più elevato rispetto al resto dello Stato, attestandosi al 7% contro circa il 5%. Nel rapporto viene suggerito che l’età dei pazienti e il tasso di vaccinazione inferiore possono aver rivestito un ruolo determinante.



Non va però dimenticato che, dati scientifici alla mano, le persone vaccinate infettate dal virus hanno molte meno probabilità di dover andare in ospedale, di essere intubate e di morire a causa della malattia. Non c’è dubbio alcuno, dunque, sul fatto che i vaccini forniscano una protezione significativa. Per il momento, di conseguenza, ci sono più domande che risposte. Le infezioni sono in aumento a causa della variante Delta, dell’immunità calante o del ritorno alla vita normale? Le persone vaccinate sono più vulnerabili alla malattia grave di quanto si pensasse in precedenza? Quanto sono comuni le infezioni di rottura? Lo potremo sapere soltanto in futuro…