Abbiamo appreso dall’ADN Kronos che Alberto Contri, dopo alcune esperienze piuttosto animate, ha deciso di sospendere qualsiasi partecipazione ai talk show televisivi. Come mai, Professore? È rimasto turbato dagli scontri cui ha dovuto partecipare?
Assolutamente no. Conosco nei dettagli il meccanismo con cui sono costruiti questi programmi, lo spiego ai miei studenti di comunicazione in università, e l’ho descritto nei miei saggi. Hanno preso il posto dei giochi dei gladiatori nel circo: gli autori sono convinti – non senza qualche ragione – che il pubblico ami assistere alle risse. Così in tv, invece di pugnalate, pugni e sangue, volano insulti, urla, scontri verbali. La linea editoriale decisa dagli autori è affidata a ospiti che possono esprimere adeguatamente il loro pensiero, a servizi a tesi realizzati ad hoc, alla conduzione che guida e stabilisce chi parla e soprattutto quanto. Poi ci sono gli ospiti invitati con lo scopo di essere messi in difficoltà e fatti reagire, a mo’ di capro espiatorio; e anche ospiti che potremmo definire specialisti disturbatori che agiscono d’intesa con il conduttore. Su tutto regna la convinzione che il ritmo televisivo debba essere scattante, veloce, basato su una quantità di frammenti che passano come un treno ad alta velocità. Alle fine, negli spettatori restano soprattutto delle impressioni, dei giudizi forzati ad arte, delle tesi precostituite.
A lei che parte è toccata?
Come si è ben visto, quella dell’ospite da mettere in difficoltà perché critico sulla narrazione mainstream della politica vaccinale e sul green pass. Ma credo proprio non ci siano riusciti e abbiano ottenuto l’effetto opposto.
Come mai?
Perché a ogni partecipazione ho rotto un meccanismo che ben conosco. Non mi sono mai lasciato intimidire da virostar o sottosegretari più capaci di delegittimare con la solita frase “Lei dice stupidaggini” che di citare argomenti inoppugnabili. C’è chi è stato capace di affermare “Lei racconta balle” mentre gli sventolavo sotto il naso i documenti dell’UK Health Security Agency, e chi mi ha accusato di mendacio mentre stavo mostrando una tabella dell’OMS con i dati degli effetti collaterali dei nuovi vaccini confrontati con quelli di tutti gli altri. Io ho semplicemente mostrato che il re è nudo, che non esiste la grazia di stato per clinici che stanno tutti i giorni in tv, per cui non hanno tempo di compulsare la più recente e significativa letteratura internazionale come faccio io, grazie al supporto della Commissione Scientifica Indipendente e del suo staff. Prima di ogni partecipazione passo del tempo con uno specialista che mi fa da sparring partner individuando gli argomenti di cui parlare e i lavori scientifici più autorevoli da mostrare.
La sua cartellina gialla che contiene grafici, dati, confronti, titoli di giornali e lavori scientifici è già stata soprannominata “il terrore dei virostar”.
Semplicemente perché loro sparano dati a effetto come fanno sui giornali senza immaginare che possa esistere qualcuno in grado di contestarli, ma non con altre opinioni, bensì con dati inoppugnabili selezionati ed elaborati da ricercatori qualificati. Mostrati da qualcuno che non si fa intimidire anche perché – è il mio caso – si tratta di un esperto che ha lavorato 21 anni con tutte le Big Pharma del mondo per illustrare ai medici i propri farmaci, arrivando a conoscere in ogni dettaglio il loro modo di procedere, le loro lobby, i loro rapporti con i clinici, i centri di ricerca e le riviste scientifiche. Chi se ne intende un po’ non può non accorgersi che la litania “efficace e sicuro” ripetuta a oltranza proviene direttamente dalle veline delle case produttrici, mentre ogni giorno di più la realtà si mostra diversa. Una virostar aveva detto a marzo: “I vaccini fanno miracoli. Tra due mesi siamo fuori dalla pandemia”. Non mi pare proprio.
Lei è stato notato quando ha cominciato a chiedere che i virostar dichiarassero pubblicamente i loro eventuali conflitti di interesse, le loro eventuali consulenze con le case produttrici di vaccini.
È una questione molto delicata. Chi pubblica un lavoro scientifico è obbligato a indicare in calce se ha un qualche rapporto economico con l’azienda produttrice del farmaco analizzato o particolarmente interessata ai temi trattati. Perché? Perché il medico che legge si possa fare un’opinione sull’indipendenza con cui è stato trattato l’argomento. A maggior ragione lo dovrebbero fare con il grande pubblico, che magari potrebbe cominciare a informarsi meglio e a dubitare di affermazioni apodittiche cambiate di senso quasi ogni mese. Ma il pubblico ha la memoria corta, purtroppo.
Il critico televisivo Aldo Grasso ha scritto che grazie a lei Bianca Berlinguer ha raggiunto il più alto share della stagione. Diverse newsletter dei media hanno mostrato i picchi di share raggiunti in occasione della sua presenza.
Il caso di Cartabianca è davvero particolare. Mi era stato preannunciato che ci sarebbe stato un confronto equiibrato: Bonaccini e Caprarica vs Contri e Garzoni. Quando si è aperto il vidiwall per farmi entrare, sono stato fatto accomodare accanto a un per nulla previsto Scanzi. Se avessi saputo che ci sarebbe stato in trasmissione un soggetto così squalificato non avrei certo accettato di partecipare.
Perché squalificato?
Beh, come dovremmo definire uno che, palesemente terrorizzato dal virus, ha saltato la fila per la vaccinazione sostenendo che doveva fare da badante alla madre? E che nonostante questo si arroga il diritto di giudicare sempre tutto e tutti? A parte questo dettaglio, mi ero preparato a discutere, ma sono stato invece sommerso da una serie di insulti del tutto inaccettabili e gratuiti, soprattutto se confrontati con il mio curriculum che chiunque può leggere in rete. Nessuna argomentazione, nessuna contestazione, solo insulti, a base di “vecchio rimbambito che non sa nemmeno dov’è ora”. Non ho potuto fare altro che alzarmi e cercare di uscire da dove ero entrato, vale a dire dal vidiwall che si era aperto per farmi passare. Mentre cercavo di farlo, Bianca Berlinguer si è permessa perfidamente di ripetere due volte “È uscito dalla parte sbagliata”, come a sottolineare che ero effettivamente un rimbambito. Ma ci rendiamo conto del basso livello cui è stata capace di arrivare una ex-direttrice del TG3?
Dopo che lei è uscito, è entrato a gamba tesa Caprarica, sostenendo che lei è un cialtrone che ha rovinato la Rai, e che l’avrebbe querelata…
Ci vuole una bella sfacciataggine, peraltro tipica dei personaggi boriosi come lui. Se uno si prende la briga di andare a leggere i bilanci e la rassegna stampa dell’epoca in cui sono stato Consigliere dela RAI e poi AD di Rainet, scoprirebbe che ho impostato (con la delega ai nuovi media che avevo insieme al collega Balassone) tutti gli asset che oggi la Rai ha nell’ambiente Internet. Dopo 5 anni di Rainet ho poi lasciato una societa’ capace di gestire contemporaneamente 450 siti web, sette canali di web tv con 30 milioni di video caricati. Ed era il 2008: un gran lavoro che ha costituito le fondamenta dell’attuale Raiplay, oggi diretta da una mia collaboratrice che io ho valorizzato in tutti i modi possibili. Caprarica si è arrabbiato perché ho accennato alle sue note spese, visto che stava impartendo lezioni di etica…Ho solo ricordato cosa ha lasciato lui, senza entrare in particolari che chiunque può recuperare in rete. Cito un titolo di Libero del 22 dicembre 2013: “Era pronta la lettera di licenziamento per le sue spese pazze…”. Ma potrei citare il Fatto Quotidiano, Dagospia, e molti altri giornali. Mi quereli pure, ho detto meno di un centesimo di quello che è apparso sul suo operato sulla stampa nel 2013. Quanto alla cialtronaggine, basta leggere le molte centinaia di commenti apparsi su Twitter per capire cosa pensa il pubblico di lui e persino delle sue impossibili cravatte. Ma non merita di perderci altro tempo, e non mi importa un fico se continua a insultarmi a distanza anche in altri talk show. Cui non parteciperò più finché il livello continuerà a essere questo.
Il pubblico in rete si divide: il 30% concorda con lei, ma il 70% le chiede di continuare a portare i suoi argomenti, la sua verità, ad essere un punto di riferimento per chi non condivide la politica vaccinale del Governo.
Ribadisco che nei talk show è impossibile fare ragionamenti articolati: se hai tre punti correlati tra loro, dopo il secondo ti interrompono con un “va bene, ne parliamo dopo la pubblicità”, ma il dopo non viene mai più. Preferisco accettare interviste su televisioni cosiddette minori (vedi ad esempio Go-TV), partecipare a incontri on-line con la possibilità che tutti questi contenuti vengano condivisi in rete (molto interessati le pillole di Martina Pastorelli che suddivide in tweet di due minuti delle interviste più lunghe), raggiungendo complessivamente un pubblico assai maggiore di quello dei talk show, che stanno annoiando e perdendo ascolti per la formula sempre uguale e il troppo scoperto meccanismo usato per diffondere una sola verità.
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