Lunedì 26 ottobre il ministro della Salute inglese (Health Secretary), Matt Hancock, ha dichiarato che il governo non esclude nulla (“rule nothing out”) rispetto alla possibilità di introdurre misure più restrittive nel tentativo di ridurre e tenere sotto controllo la pandemia di coronavirus in Inghilterra. Ma qual è la situazione attuale? Quali sono al momento le misure di contenimento implementate? Quali le principali sfide e criticità? Proviamo a rispondere sinteticamente a queste tre domande.
Situazione attuale
Domenica 25 ottobre in Gran Bretagna sono stati registrati 19.790 casi positivi a fronte di 321.113 tamponi effettuati, con un rapporto percentuale di positivi sui tamponi pari al 6,1% (lo stesso giorno, in Italia, tale percentuale si è attestata sul 13,1%, più del doppio). Se guardiamo l’andamento temporale, tale percentuale non si è modificata di molto nelle ultime settimane – il 19 ottobre era pari al 7,2%, il 12 ottobre al 6,3% e il 5 ottobre (a inizio ottobre il numero di casi giornalieri ha cominciato ad essere superiore a 10mila) era pari al 4,6%. Si può quindi dire che il numero di contagi giornaliero intorno ai 18mila-22mila casi degli ultimi giorni dipende dall’elevato numero di tamponi effettuati (sempre superiore a 300mila al giorno negli ultimi cinque giorni e con una media di circa 293mila al giorno nella settimana fino al 16 ottobre).
Per quanto riguarda i dati sui ricoveri ospedalieri, al 22 ottobre (dato aggregato più recente delle quattro nazioni del Regno Unito) il numero di pazienti ricoverati si attestava a 7.850 – una settimana prima (15 ottobre) tale dato era pari a 5.665 pazienti e una settimana prima ancora (8 ottobre) era pari a 3.897 (in due settimane il numero di pazienti ricoverato in ospedale è più che raddoppiato). Simile tendenza si ritrova anche nei dati relativi alle ammissioni ospedaliere giornaliere, che sono passate da 612 il 5 ottobre a 1.142 il 20 ottobre (media di 994 nella settimana fino al 16 ottobre).
Per quanto riguarda il numero di pazienti in posti letto con ventilatori, al 23 ottobre si attestava a 743 (tale numero era pari a 507 il 12 ottobre e 393 il 5 ottobre). Infine, il numero di morti per coronavirus il 25 ottobre è stato pari a 151, con una media di 178 al giorno nella settimana fino al 25 ottobre.
Provando a comparare questi dati con quelli registrati nella “prima ondata” in primavera (escludendo il dato sui contagi, che non è comparabile per via dell’enorme differenza relativa al numero di tamponi effettuati), durante il picco della pandemia il numero di ricoveri giornalieri era arrivato fino a quota 3.500, il numero complessivo di pazienti in ospedale intorno ai 20mila, il numero complessivo di pazienti in posti letto con ventilatore intorno a 3.200/3.300 e infine il numero di morti giornalieri intorno ai mille: numeri ben al di sopra della situazione attuale.
Misure adottate
In Inghilterra è in vigore da due settimane un sistema di restrizioni a tre livelli, finalizzato a implementare lockdown a livello locale con misure proporzionali alla gravità della situazione (allerta media, elevata, molto elevata): in sintesi, il livello 1 prevede l’applicazione della “regola dei sei” (gruppi al massimo di sei persone) sia all’interno che all’esterno e la chiusura di pub e ristoranti alle 10 di sera; il livello 2 prevede in aggiunta il divieto di vedersi con persone al di fuori del proprio nucleo familiare all’interno, mentre il livello 3 prevede tale divieto anche all’esterno, più la chiusura dei pub e bar senza servizio di cucina. L’uso della mascherina è obbligatorio nella maggior parte degli esercizi commerciali e sui mezzi pubblici, ma non nelle scuole e negli uffici.
Nonostante sia ancora presto per valutare l’impatto di tali misure (che tra l’altro sono in vigore da ben più di due settimane in alcune zone del paese, soprattutto al nord), dati recenti evidenziano una riduzione del numero di contagi in alcune delle aree più critiche (come la città di Liverpool). Bisogna sottolineare come la situazione sia differente negli altri paesi del Regno Unito: Galles e Nord Irlanda hanno implementato (seppur con delle differenze) dei “mini” lockdown generali, più restrittivi ma di durata più limitata (qualche settimana) rispetto alla strategia adottata in Inghilterra, mentre la Scozia ha da poco adottato un sistema di restrizioni a cinque livelli.
Boris Johnson finora si è opposto all’introduzione di questi “mini” lockdown (circuit breaker) in Inghilterra (nonostante tale misura sia stata suggerita qualche settimana fa dall’equivalente inglese del Comitato tecnico scientifico). Come dichiarato oggi dal responsabile della sanità inglese, in base all’andamento dei contagi nelle prossime settimane non si esclude la possibilità di introdurre misure più restrittive.
Sfide e criticità
In un precedente articolo si erano sottolineati i limiti nella comunicazione e la confusione relativa a diverse misure adottate da parte del governo inglese. A queste sfide si aggiungono:
• la difficoltà di bilanciare le esigenze sanitarie di contenimento del virus con le conseguenze economiche e sociali che lockdown e misure restrittive stanno avendo su migliaia di persone e aziende: proprio per evitare conseguenze ancora più devastanti sull’economia il governo ha per ora rifiutato di applicare misure più restrittive (come “mini” lockdown totali, chiusura di diversi esercizi commerciali e l’introduzione di didattica online per college e università) che erano state suggerite circa un mese fa dal comitato scientifico;
• l’adesione della popolazione alle misure restrittive: un recente sondaggio dell’Observer ha evidenziato come nelle fasce della popolazione tra 18-34 anni e 35-44 anni la percentuale di persone che ha ammesso di non seguire le restrizioni è passata rispettivamente dal 10% al 17% e dal 10% al 18% tra l’8-9 ottobre e il 22-23 ottobre. Lo stesso sondaggio ha inoltre rivelato che solo il 29% degli intervistati approva la gestione della crisi da parte del governo;
• le ricorrenti tensioni tra governo centrale e governatori locali relative alla gestione della pandemia e alla decisione di introdurre o meno misure più restrittive: per esempio, è stata molto dibattuta la scelta del governo di avere introdotto misure più restrittive nel nord del Paese, rischiando di aumentare un divario Nord-Sud già marcato.
Rispetto alla situazione descritta, solo il tempo potrà dire se le misure introdotte abbiano avuto l’impatto sperato, se ulteriori misure si renderanno necessarie e quale sarà l’impatto di tali misure sull’economia e sul benessere psico-fisico delle persone: la sfida per il governo è quella di dimostrare di avere una strategia chiara, evitando la critica di aver fatto “too little” (secondo alcuni) o “too much” (secondo altri).28