Se per Gianni Rezza, direttore della Prevenzione del Ministero della Salute, ora bisogna vaccinare i giovani per fermare la circolazione del coronavirus, per l’Inghilterra invece non è una priorità somministrare vaccini Covid a under 15. Nel Regno Unito anzi i vaccini ai bambini dai 12 ai 15 anni sono sconsigliati. In questa fascia di età vengono vaccinati solo coloro che appartengono a gruppi ad alto rischio per patologie pregresse, chi ad esempio ha gravi neuro-disabilità che tendono ad avere infezioni ricorrenti del tratto respiratorio. «Gli adolescenti sono intrinsecamente a basso rischio rispetto al Covid. I vaccini devono essere eccezionalmente sicuri per poterli inoculare», dichiara Robert Dingwall, membro del Comitato congiunto per la vaccinazione e l’immunizzazione del governo britannico, al Fatto Quotidiano. In virtù del basso rischio di malattia Covid grave per la maggior parte degli adolescenti, «non è immorale pensare che possano essere protetti meglio dall’immunità naturale generata dall’infezione piuttosto che chiedere loro di correre il possibile rischio di un vaccino».



Il professore emerito e direttore fondatore dell’Istituto di scienza e società, Università di Nottingham, nell’intervista ha spiegato che «i gruppi di età più giovani hanno molte meno probabilità di soffrire di malattie gravi e di morire. Il 99,995% dei CYP (bambini e giovani, ndr) con un test SARS-CoV-2 positivo è sopravvissuto». Ci sono stati, infatti, solo 25 morti tra loro per coronavirus. I vulnerabili tra i 16 e i 18 anni invece rientrano tra i vaccinabili.



COVID UK, VICINI A IMMUNITÀ DI GREGGE

Robert Dingwall non si è sbilanciato sui casi di miocardite e pericardite dovuta al vaccino che sono stati registrati negli Stati Uniti, né sugli effetti sull’autoimmunità, in quanto il Comitato congiunto per la vaccinazione e l’immunizzazione (JCVI) ha accettato di non commentare pubblicamente tali fino a quando le loro raccomandazioni non saranno concordate e pubblicate. I vaccinati, comunque, non devono avere paura: «I vaccini proteggono principalmente la persona vaccinata, sebbene abbiano anche il beneficio indiretto di ridurre la trasmissione. Non eliminano il rischio di un’infezione lieve, che può occasionalmente avere conseguenze gravi o fatali, come con qualsiasi altro virus respiratorio umano», dice l’esperto al Fatto Quotidiano. Infatti, i tassi di mortalità del Covid non sono più eccezionali grazie alla campagna vaccinale. Ora i governi hanno una scelta: decidere come arrivare all’immunità di gregge, che è l’unica strada per far finire l’epidemia. Ciò è possibile per Dingwall con la vaccinazione o con l’infezione naturale. «Una certa mescolanza è inevitabile perché è improbabile che sia possibile convincere tutti coloro che possono essere vaccinati ad accettare. L’importante è essere sicuri che, per quanto possibile, l’infezione circoli solo tra i gruppi a basso rischio, come i giovani adulti».



COVID UK, “NESSUN PERICOLO VARIANTI”

Robert Dingwall al Fatto Quotidiano ha rivelato che la fine della pandemia Covid per il Regno Unito è più vicina, perché «oltre il 90% della popolazione ha anticorpi misurabili, sia dalla vaccinazione che dall’infezione, quindi dobbiamo essere molto vicini al punto in cui il virus sta esaurendo le nuove persone da infettare». Quando sarà raggiunto questo punto, il coronavirus potrà sopravvivere come lieve agente di reinfezione, a meno che non riesca a produrre una variante Covid che sfugga del tutto al sistema immunitario, ma questo è considerato uno scenario improbabile dall’esperto Uk. «Alfa e Delta non sono così diversi che i sistemi immunitari non possano sintonizzarsi sulla sfida specifica, specialmente attraverso l’azione delle cellule T, che è ciò che principalmente impedisce alle malattie lievi di diventare gravi». Dunque, siamo ora in un processo di transizione verso un Covid endemico, non più pericoloso dell’influenza.