In Gran Bretagna il 21 febbraio non sarà solo il giorno che segnerà la ripresa dei lavori parlamentari dopo l’abituale pausa invernale, ma proprio in quella data Boris Johnson cercherà di rendere il Regno Unito il primo paese europeo a eliminare l’obbligo di quarantena per chi è positivo al Covid. In quella occasione, infatti, il premier britannico annuncerà la nuova strategia del suo governo per la possibile convivenza con il Sars-Cov-2, che appunto dovrà passare l’esame del voto di Westminster.
“A condizione – ha dichiarato – che le attuali tendenze incoraggianti nei dati continuino, penso che saremo in grado di porre fine alle ultime restrizioni nazionali, incluso l’obbligo legale di auto-isolarsi in caso di positività, un mese prima” di quanto preventivato: lo stop all’isolamento era infatti previsto per il 24 marzo.
Una scelta supportata dai trend dell’epidemia? O una decisione un po’ azzardata, come già fatto nel luglio 2021? E con i dati attuali delle infezioni e dei ricoveri anche l’Italia potrebbe imboccare la stessa strada? Ne abbiamo parlato con Mario Fittipaldi, cardiochirurgo pediatrico presso il St. Thomas Hospital di Londra.
Com’è oggi la situazione dei contagi in Gran Bretagna?
I contagi sono oggi ridotti, siamo in media sui 60-70mila nuova casi positivi al giorno. Ma resta un numero alto se si considera l’andamento cumulativo delle infezioni.
Gli ospedali sono ancora sotto pressione?
No, i ricoveri sono relativamente bassi. Vengono ospedalizzate soprattutto persone non vaccinate, perché resta una quota ancora alta di soggetti fra i 50 e i 70 anni che non sono stati immunizzati. In Gran Bretagna, a differenza che in Italia, per loro non c’è l’obbligo di vaccinarsi. E da quando è iniziata la campagna vaccinale le terapie intensive non sono mai state affollate come a gennaio-febbraio 2021. Il problema dell’Nhs, il sistema sanitario inglese, è però un altro.
Quale?
L’Nhs sta soffrendo non per i picchi di ospedalizzazione, ma per la costante pressione sugli ospedali causata dalle lunghe liste di attesa dei pazienti che soffrono di altre patologie che non siano il Covid. Senza dimenticare che in molti ospedali il personale che risultava positivo era costretto all’isolamento, così come i pazienti infettati. A soffrirne è stata dunque tutta la macchina.
E il trend dei decessi?
È stabile; il booster, utilizzato in massa prima di Natale, ha aiutato molto.
Il governo Johnson ha deciso di cancellare la quarantena per i positivi a partire dal 21 febbraio. Quanto veniva rispettata dagli inglesi questa regola? Erano molti i positivi confinati in casa?
Sì, la quarantena veniva rispettata, a tal punto che c’era qualcuno che le chiamava le “Covid holiday”…
È arrivato il momento in cui si può trattare il Covid come un’influenza di stagione?
È vero che con la Omicron la sintomatologia è poco più di un raffreddore, ma il fatto che un positivo possa tornare a lavorare perché considerato come un soggetto che ha preso un raffreddore mi lascia comunque perplesso e riluttante. È davvero un semplice raffreddore? A me pare eccessivo. Almeno in questa fase.
Che cosa non la tranquillizza?
La debilitazione che il Covid si porta dietro. Provi a pensare a tutti gli strascichi che lascia a livello cardiovascolare, renale, neurologico o altre ancora che noi al momento non conosciamo.
Avete osservato qualcosa in particolare?
A parte il fatto che c’è gente che ancora soffre di aritmie o di palpitazioni post-Covid, abbiamo osservato in alcuni bambini operati entro un certo periodo che sono stati infettati dal Sars-Cov-2, il loro organismo risponde male alla macchina cuore-polmone, manifestando la cosiddetta sindrome da bassa gittata, cioè uno scompenso cardiaco. I numeri sono ancora troppo bassi, ma questi outcome nella popolazione pediatrica sono sconfortanti.
Secondo lei, il governo Johnson ha quindi fatto una scelta azzardata, come quella annunciata lo scorso luglio?
Mi sembra piuttosto prematuro, da un punto di vista scientifico e clinico, considerare il Sars-Cov-2 un semplice raffreddore. E poi l’idea, che sembra ispirare le mosse del governo Johnson, di lasciar circolare in modo inconsulto il virus perché c’è un’alta concentrazione di immunizzati non mi convince. Non ha alcun razionale scientifico e non abbiamo ancora chiarezza sufficiente per poter dire che un’endemizzazione non provochi poi delle conseguenze, anche sui vaccinati.
Il governo, ha spiegato Johnson, sostituirà i requisiti legali con consigli e indicazioni che esortano le persone a restare vigili e attente. Cosa significa?
In concreto non cambia nulla, perché è sempre stato così, non c’è mai stato un requisito legale, per esempio, sull’obbligo di indossare la mascherina. E infatti ancora oggi sono pochissimi gli inglesi che se la mettono. Non si può solo confidare sul buon senso delle persone.
Se gli inglesi tolgono le restrizioni nella situazione in cui si trovano, come valuta la nostra situazione? Lo stop alla quarantena per i positivi è una scelta che potrebbe assumere anche l’Italia?
In Italia la situazione epidemiologica è un po’ in ritardo rispetto a quella inglese, perché l’ondata è arrivata dopo. Resto dell’idea che la policy adottata dall’Italia si sia dimostrata più robusta, tanto che si parla ancora di cluster di infezione e non di endemizzazione. Quindi, per l’Italia sarebbe ancora più precoce fare questa scelta, sarebbe meglio aspettare almeno la fine della stagione invernale.
(Marco Biscella)
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