A New York e in tutta l’America la vaccinazione procede spedita. Il 29 marzo sono iniziate le vaccinazioni per gli over 30, questa settimana saranno vaccinati anche gli over 16.
Negozi, attività e ristoranti sono aperti e funzionano a capacità ridotta, mentre le terapie intensive riescono a reggere il colpo delle varianti, anche grazie agli anticorpi monoclonali, usati massivamente per i cittadini con comorbidità e malattia da Covid in fase iniziale. Ce lo racconta Francesco Rotatori, direttore di cardiologia al Richmond University Medical Center di Staten Island, New York.
Qual è la situazione a New York in questo momento?
In questo momento a New York quello che stiamo vedendo è l’effetto combinato del fatto che ci sono le nuove varianti ma anche del fatto che si sta diffondendo notevolmente il vaccino. A fine marzo il 30% dei newyorkesi avevano ricevuto almeno la prima dose del vaccino ed è praticamente partita la vaccinazione di massa: settimana scorsa per gli over 30, da questa settimana si parte con gli over 16. I dati confortanti a riguardo dei vaccini che ne mostrano l’efficacia sul campo, e non soltanto nei trials, stanno dando buone prospettive.
A che punto sono i contagi?
A New York le infezioni totali erano scese ai livelli quasi dell’estate, poi sono risalite di nuovo ma sono ancora basse. Se a novembre avevamo 20mila infetti al giorno, adesso siamo a circa 5mila nuovi casi al giorno. Il numero è risalito un po’ rispetto alla settimana scorsa, probabilmente a causa delle varianti, ma a questo non si è associato un incremento della mortalità. Ieri ci sono stati 50 morti in tutto lo stato di New York.
E le terapie intensive?
Le terapie intensive al momento sono gestibili: 29% di saturazione a Manhattan, questa è la media settimanale, a Staten Island è più alta, l’85%, ma Staten Island ha pochi ospedali, a differenza di Manhattan, che ne ha tantissimi e grandi. Il Bronx ha una saturazione del 46%, il Queens dell’82%, ma siamo comunque nell’ambito di una situazione gestibile. Nel mio ospedale su 20 pazienti in terapia intensiva, 5 sono pazienti Covid, i pazienti Covid nel complesso sono 30.
Quali sono al momento le chiusure e le limitazioni principali nella vita di tutti i giorni?
Non è cambiato niente per quanto riguarda l’uso della mascherina, solo alle persone vaccinate è permesso il gathering indoor per un numero limitato di persone. Se sei vaccinato puoi anche andare ad alcune partite. La Nba per esempio ha riaperto ai tifosi con limited capacity, per entrare devi essere vaccinato o ti fanno il test rapido, è compreso nel prezzo del biglietto. Vai al Madison Square Garden, ti fanno il tampone, aspetti 20 minuti ed entri se sei negativo. Però tutto è a capacità limitata, anche se gli outdoor prevedono di avere capacità più elevate. Le chiese dal 25% sono salite al 50% di capacità, i ristoranti sono aperti e si può mangiare anche dentro, ma sempre a capacità limitata, con una percentuale che va aumentando nel tempo.
Un meccanismo graduale di riapertura in cui va ad aumentare gradualmente la capacità dei locali?
Sì, e anche i negozi sono aperti.
Le scuole?
Le scuole a New York hanno riaperto, portano tutti la mascherina. Mia figlia ha 5 anni e mette la mascherina da quando ne aveva 3, non esce di casa senza la mascherina, è diventata un’abitudine.
Cosa ha dato la spinta in più per permettere graduali riaperture?
Secondo me un dato interessante è quello relativo alla diffusione dell’influenza in questa stagione rispetto agli anni passati: è praticamente una curva nulla, non c’è influenza, perché ci siamo vaccinati come ogni anno in tempo e perché si è praticato il social distancing. Direi quindi che il social distancing e la mascherina sono decisivi, funzionano veramente. Il problema è che, nel caso del Covid, ci siamo trovati di fronte a un virus veramente aggressivo, molto più aggressivo dell’influenza. E rispetto all’influenza la vaccinazione naturalmente è partita più tardi: il vaccino dell’influenza è partito da settembre.
L’economia ha risentito delle chiusure?
Ovviamente il social distancing paga dei prezzi altissimi da un punto di vista economico. Anche a New York tantissime attività hanno chiuso, anche catene storiche e popolari come Century 21, un grosso magazzino di abbigliamento. Ovviamente ha influito anche l’esplosione degli acquisti online.
I ristoranti?
Anche i ristoranti ne hanno risentito ma tutto sommato sono sopravvissuti, perché qui era già molto radicata la cultura del take-out e con qualche piccolo accorgimento, qualche aggiornamento nei permessi – per esempio consentendo anche la vendita del vino col take-out – si è tenuta viva l’economia e adesso ci sarà l’esplosione, anche del mercato immobiliare. Comunque c’è una discreta dose di ottimismo.
Qual è stata la strategia dei vaccini, a chi e dove sono stati somministrati?
All’inizio sono stati somministrati esclusivamente negli ospedali. Gli ospedali hanno chiamato le persone per fasce d’età e per comorbidità, gli anziani e anche i giovani con problemi di salute. Dopo hanno aperto anche cliniche e strutture private, che hanno dato la disponibilità per vaccinare e sono state autorizzate a somministrare i vaccini. Questo ha creato un network molto espanso. Poi New York State ha creato dei centri specifici, anche dei siti walk-in per le zone più povere, per coloro che non possono prenotarsi online: entrano e si vaccinano. E poi ci sono delle app con cui puoi trovare il centro più vicino con posti disponibili per fare il vaccino.
Lei, da medico, quando si è vaccinato?
Il primo giorno, quando è iniziata la vaccinazione, a metà dicembre.
In Italia c’è una viva discussione sugli effetti collaterali dei vaccini, dovuta in gran parte al caso AstraZeneca, da voi la discussione è altrettanto accesa?
No, per la maggior parte è tutto a posto, qualcuno ha dolore al braccio, qualcuno un po’ di febbre, magari dopo la seconda dose, specie col Moderna.
La situazione di New York riflette quella degli altri stati o gli altri sono più indietro?
Alcuni stati sono ancora più avanti, sono pochi quelli che sono rimasti indietro. Siamo nella media nazionale.
È stato il vaccino a fare la differenza?
Una grossissima differenza, magari su alcune varianti non toglie l’infezione ma la rende molto lieve, quindi cancella il problema. E c’è stata un’altra cosa che ha aiutato e che usiamo molto di più che in Italia.
Quale?
Gli anticorpi monoclonali. Li avevamo già in pronto soccorso, ora verranno distribuiti anche in ambulatorio. In pronto soccorso li usavamo già per chiunque avesse una comorbodità, pazienti sopra i 50 anni, con obesità o altre condizioni di fragilità e con una forma non severa di Covid e sintomi ancora lievi.
La situazione in cui vi trovate precede la nostra o la segue? Noi siamo partiti prima – con, purtroppo, un triste primato – e c’era sempre questo delay di un mese fra l’Italia e gli Usa. E ora?
Secondo me con i vaccini siamo passati avanti. Abbiamo iniziato più tardi e finiremo prima.
(Emanuela Giacca)
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