Uno studio del dottor Lorenzo Alibardi del Dipartimento di Biologia dell’Università di Bologna è destinato a riaccendere il dibattito sui vaccini a Rna anti Covid, perché li mette in discussione ed evidenzia alcuni problemi che dovrebbero essere affrontati. Il lavoro in questione, pubblicato sul Journal of Biology and Life Science del Macrothink Institute di Las Vegas, di contenuto teorico generale, come tiene a precisare l’autore, evidenzia alcune delle principali differenze biologiche tra i vaccini tradizionali, che sono basati su virus attenuati o sulle loro proteine, e quelli a Rna.
Ad esempio, i primi “iniettano proteine inattive con un breve turnover per la degradazione“, quelli usati durante la pandemia, invece, “danno origine a proteine attive e patogene con un turnover certificato sconosciuto“. Ma Alibardi fa riferimento anche alla possibilità che “le sequenze nucleotidiche biotecnologiche modificate” penetrino “in numerosi tipi di cellule in diversi organi, generando proteine spike, autoimmunità e potenziali alterazioni genetiche ancora da valutare negli anni futuri“.
Quindi, il ricercatore ritiene che la somministrazione dei vaccini a Rna sia “un trattamento sperimentale con conseguenze sconosciute a breve e lungo termine su milioni di persone“, per il quale servono “molti anni di sperimentazione prima che il loro uso possa diventare una pratica medica comune“.
LE CRITICHE DI ALIBARDI AI VACCINI A RNA
Il dottor Alibardi nel documento evidenzia come le interazioni tra i vaccini e l’organismo siano imprevedibili: “Affermare il contrario indica che la tecnologia attuale pretende di sapere tutto su come il corpo umano reagisce all’inoculazione di questi vaccini a RNA-DNA, una convinzione scientifica insostenibile“. Per quanto riguarda, infatti, le reazioni sconosciute che potrebbero essere causate, per il medico potrebbero generare “molti più effetti avversi rispetto ai vaccini precedentemente utilizzati“.
Nello studio critica anche la produzione di vaccini monovalenti anziché polivalenti, ritenendo che non segua uno scopo scientifico, determinando “la continua vendita di nuovi vaccini, temporaneamente funzionanti, offerti contro nuove varianti virali ogni 6-12 mesi“. Per Alibardi, i vaccini a Rna “forniscono uno scarso aiuto per fermare per lunghi periodi o in modo permanente le epidemie virali“. Non mancano critiche anche al modus operandi della comunità scientifica: “Le numerose ricerche attualmente condotte sui futuri vaccini in cui si sperimentano sofisticate modifiche biotecnologiche dovrebbero evitare di considerare il corpo umano come una provetta“.
I VACCINI MODERNI E QUELLI POLIVALENTI
Per lo studioso dell’Università di Bologna i vaccini moderni hanno diversi problemi: dalla degradazione dell’Rna alla necessità di produrre molti antigeni, non solo una proteina; inoltre, ritiene che rilascino “proteine attive che possono produrre effetti patologici, e questo dovrebbe essere previsto attraverso lunghi studi” e parla di “possibili inserzioni di DNA e blocco dei meccanismi di riparazione del DNA all’interno delle cellule” che “devono essere conosciuti” prima dell’utilizzo.
Per Alibardi andrebbero usati i vaccini polivalenti “dopo un ragionevole periodo di sperimentazione“. Ma l’uso sicuro dei vaccini, conclude Alibardi, richiede molti anni di indagini scientifiche prima della commercializzazione: “La produzione di vaccini duraturi dovrebbe essere l’obiettivo principale delle industrie farmaceutiche e l’uso di vaccini a base di proteine fornirebbe davvero benefici duraturi per la salute delle persone nel tempo presente“.