Il nervo vago quale ‘via alternativa’ per il Covid-19 per viaggiare tra cervello e polmoni: è questo uno dei risultati più interessanti di uno studio made in Italy e apparso di recente sul prestigioso “Journal of Neurology” in cui si spiega che il nuovo coronavirus utilizza proprio uno dei dodici nervi cranici. La ricerca, frutto della collaborazione in sinergia tra esperti di neurologia, anatomopatologia e i rianimatori del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università Statale di Milano, oltre che dell’Asst Santi Paolo e Carlo della città lombarda e del Centro di Ricerca “Aldo Ravelli”, serve di fatto a documentare come la presenza del virus sia rintracciabile non solo nelle aree cerebrali ma pure in quelle intermedie tra cervello e polmone.



Come è noto, il nervo vago (dal latino “vagus”, ossia vagabondo), conosciuto anche come nervo pneumogastrico, è la decima delle dodici paia di nervi dell’encefalo e che, partendo dal tronco di questo, arriva poi all’addome passando anche dal torace. “La presenza del virus SARS-CoV-2 è stata documentata non solo nel polmone e nelle aree cerebrali di controllo del respiro, ma anche per la prima volta è stato rilevato il suo percorso tra polmone e cervello lungo il nervo vago” si legge nel comunicato diffuso dagli autori dello studio che ricordano pure come la ricerca sia nata grazie a una fruttuosa indagine multidisciplinare. Vediamo di seguito come.



“ECCO COME IL VIRUS VIAGGIA LUNGO IL NERVO VAGO”: LO STUDIO ITALIANO

Stando a quanto si apprende, lo studio è stato reso possibile prelevando dei campioni di tessuto da pazienti deceduti a causa di forme gravi di Covid-19: successivamente i dati sono stati confrontati con quelli di altri due soggetti, morti per via di altre patologie non correlate al nuovo Coronavirus. Secondo, Gaetano Bulfamante, direttore della cattedra di Anatomia patologica e Genetica medica, gli esami svolti al microscopio hanno rilevato la presenza di neuroni danneggiati che contenevano il virus, soprattutto nella zona del bulbo e del midollo allungato.



“Contestualmente -prosegue Bulfamante, che è anche primo autore del succitato articolo- abbiamo osservato una notevole attivazione delle cellule gliali, che indica una risposta infiammatoria legata all’infezione. Il dato di estremo interesse – rimarca l’esperto – è la presenza del virus Sars-CoV-2 nelle fibre del nervo vago che connettono appunto il bulbo al polmone”. A fargli eco è il collega Davide Chiumello che ricorda, a proposito dei casi più gravi relativi a pazienti affetti dal Covid-19 che “osservavamo delle alterazioni respiratorie che non erano giustificabili solo dalle alterazioni dovute alla polmonite: i pazienti presentavano delle pause respiratorie seguite da respirazioni ripetute, ma che alteravano comunque il trasporto di ossigeno attraverso i polmoni”. E conclude poi spiegando che il loro studio ha documentato anche “una nuova modalità di diffusione del virus lungo il ‘filo’ di fibre nervose che connette il cervello con il polmone”.