Si è conclusa dopo quasi un ventennio la vicenda giudiziaria sul crac della Cirio. A distanza di 20 anni dalla dichiarazione di insolvenza, è diventata definitiva la condanna dell’ex patron del gruppo, Sergio Cragnotti. La Corte di Cassazione ha infatti confermato la condanna a 5 anni e 3 mesi già inflitta al termine del processo di Appello bis nel giugno di due anni fa, dopo un precedente annullamento da parte della stessa Cassazione nell’ottobre 2017. In quella circostanza, come rammenta Fatto Quotidiano online, i giudici avevano anche confermato 4 anni all’ex banchiere Cesare Geronzi, mentre avevano disposto un nuovo processo per Cragnotti in merito a uno dei capi di imputazione più rilevanti.



Durante l’Appello bis la pena era stata ricalcolata al ribasso in 5 anni e 3 mesi. La difesa dell’ex patron della Cirio noto per essere stato anche presidente della Lazio, all’epoca presentò ricorso contro la sentenza ritenendo che non avesse tenuto conto delle indicazioni della Cassazione in sede di rinvio ma oggi la prima sezione penale lo ha respinto con la conferma della condanna che mette fine alla vicenda giudiziaria.



CRAC CIRIO, CASSAZIONE CONFERMA CONDANNA A CRAGNOTTI

Sergio Cragnotti è stato assolto dal capo di imputazione più grave, ovvero il reato di bancarotta per causazione del dissesto della Cirio Holding e della Cirio Finanziaria a seguito dell’acquisto della società Brombil. La pena inflitta in via definitiva si riferisce invece a fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale commessi quale amministratore di diritto e di fatto di società del gruppo Cragnotti & Partners. Nonostante l’indulto avanzerebbe comunque una parte di pena per la quale potrebbe essere richiesto l’affido ai servizi sociali. Tuttavia secondo la sua difesa non rischia comunque il carcere alla luce dell’età (81 anni) e del periodo di detenzione già compiuto. Come riporta SkyTg24, così l’avvocato Nicoletta Piergentili ha commentato la decisione della Cassazione: “Oggi si chiude una vicenda lunga e sofferta iniziata nel 2003. La posizione del mio assistito era già stata molto ridimensionata dalla prima decisione della Cassazione che aveva rimandato il procedimento in corte d’appello a Roma per il riconteggio della pena”. E sul rischio di tornare in carcere ha rassicurato aggiungendo: “Questa vicenda ha coinvolto una intera famiglia, la posizione dei figli era già stata definita positivamente”.

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