Carlo Cracco, uno degli chef più celebri d’Italia, si è raccontato al Corriere della Sera e ha parlato, in particolare, di una delle sue più grandi passioni, oltre alla cucina: “Ho la malattia del vino, colleziono migliaia di bottiglie”. Una storia iniziata quando aveva vent’anni e culminata negli scorsi anni, quando è diventato anche produttore: ha acquistato, infatti, un’azienda agricola a Sant’Arcangelo di Romagna, paese della moglie Rosa, ed aperto un wine bar nella sua cantina, che conta oltre 2.500 etichette.
“Ho fatto il primo corso di sommelier a 20 anni con Giuseppe Vaccarini. Durante le lezioni mi maltrattavano. Mi dicevano che ero un cuoco e dovevo fare il cuoco e stop, ma poi l’esame l’ho passato lo stesso, nel 1987, quando lavoravo da Gualtiero Marchesi”, ha raccontato. Grazie ai suoi risparmi così ha iniziato a conservare le bottiglie, tanto da averne ancora di non stappate risalenti a quegli anni. “Ho sempre acquistato non tanto per il valore ma per la persona e la storia che stanno dietro all’etichetta. Mi piace che parlino del territorio da cui vengono. È un po’ come la cucina, siamo tutti cuochi ma ognuno cerca di dare il suo tocco. La cosa più bella è far emergere questa differenza”.
Cracco: “Ho malattia del vino, migliaia di bottiglie”. L’episodio dell’incendio
Carlo Cracco, nel corso dell’intervista al Corriere della Sera, oltre ad ammettere di avere la malattia del vino e di collezionare migliaia di bottiglie, ha raccontato anche un singolare episodio che dà una netta dimostrazione di quanto sia rilevante la sua passione. Una volta, infatti, si è lanciato tra le fiamme di un incendio all’Enoteca Pinchiorri di Firenze per salvare alcune etichette che riteneva preziose. E ce l’ha fatta. “Bruciava tutto. 25 mila andarono distrutte, ne ho messe in sicurezza quante più ne potevo”. Una di queste è una magnum di Montevertine, Le Pergole Torte del 1981, che gli fu regalata come ricompensa
Lo chef, divenuto noto anche grazie al ruolo di giudice in Masterchef Italia, ha parlato anche dei duri momenti trascorsi a causa della pandemia di Covid-19, quando i ristoranti hanno dovuto abbassare le saracinesche. Anche in quella occasione, tuttavia, è riuscito a fare del bene. È stato infatti chiamato a cucinare per i centinaia di operai che stavano lavorando alla costruzione dell’ospedale in Fiera a Milano e non si è tirato indietro.