LA STORIA DI CRANIO RANDAGIO A UN GIORNO IN PRETURA
La tragica fine di Cranio Randagio al centro della nuova puntata di “Un giorno in pretura“: il programma di Rai 3 in onda alle ore 23:40 di oggi, sabato 28 settembre 2024, ricostruisce il processo della seconda sezione penale del tribunale di Roma che ha visto imputati alcuni amici del rapper, accusati di aver ostacolato, tramite bugie e pure depistaggi, l’individuazione degli spacciatori che avevano fornito la droga che si è rivelata letale per il 21enne. Era il novembre 2016 quando il rapper romano, all’anagrafe Vittorio Andrei, moriva di overdose.
Poco dopo sarebbe stato pubblicato il suo primo album prodotto da una casa discografica, ma il giovane artista morì durante la festa di compleanno dell’amico e collaboratore Pierfrancesco Bonolis. Dopo due anni di indagini, la procura di Roma chiese il processo per Francesco Manente, accusato di aver ceduto le droghe e di omicidio come conseguenza di altro reato, e per due amici che lo avrebbero coperto, Jaime Garcia De Vicentiis e Pierfrancesco Bonolis.
Il processo si è concluso con l’assoluzione di Manente per non aver commesso il fatto e la condanna degli altri due imputati a 2 anni e 6 mesi di carcere. Un verdetto in linea con le richieste del pm, che infatti aveva chiesto che Manente venisse assolto, mentre voleva una condanna a 3 anni per gli altri due giovani.
IL PROCESSO E LA DELUSIONE DELLA MAMMA DEL RAPPER
Per l’accusa, Bonolis e De Vicentiis avevano mentito o nascosto informazioni agli inquirenti, essendosi rifiutati di rivelare chi avesse venduto a Cranio Randagio la droga che ne aveva poi provocato la morte. Dunque, per questa condotta omertosa, contro cui la famiglia del rapper romano ha puntato il dito da subito, sono stati condannati, anche se non hanno avuto di fatto alcun ruolo negli eventi che hanno portato alla tragica morte di Vittorio Andrei.
La stessa mamma di Cranio Randagio aveva dichiarato dopo la sentenza che non ci sono colpevoli, perché è stata la droga a uccidere il figlio, d’altra parte ai microfoni di Fanpage rilevò che «esiste la responsabilità: ognuno commette un’azione e ne è responsabile. Vittorio lo è stato e ha pagato il prezzo più alto». Si è detta delusa, però, dal comportamento dei due amici, perché voleva che raccontassero cos’è successo quella sera e se il figlio si poteva salvare. «Alla fine non si è ancora capito nulla di cosa sia successo quella sera. Non c’è stata una narrazione chiara dei fatti», il grande rammarico della mamma di Cranio Randagio.