I figli e la moglie di Bettino Craxi hanno perso la causa per le tasse evase da un conto estero riconducibile al leader socialista. La Corte di Cassazione ha, infatti, respinto il ricorso degli eredi, Stefania e Vittorio Craxi e di Anna Moncini, contro i due avvisi di accertamento del 1992 e del 1993. E li ha condannati a pagare 20mila euro di spese legali, oltre alle tasse appunto evase negli anni ’90. Secondo la V sezione civile sono loro a dover pagare quanto emerso nell’accertamento svolto dall’Agenzia delle Entrate e dalla Commissione Tributaria lombarda in relazione all’evasione dei tributi fiscali del conto svizzero International Gold Coast da 19 miliardi e mezzo di vecchie lire, quello sul quale arrivarono i finanziamenti occulti al partito. Per i magistrati l’imponibile complessivo è di oltre 23 miliardi e mezzo di vecchie lire, a cui corrisponde una maggiore Irpef di 10,7 miliardi di lire.
Per la Cassazione, che ha discusso il 7 luglio la sentenza e l’ha depositata ieri, il conto svizzero è materialmente riconducibile a Bettino Craxi, non al partito. Il politico, morto latitante ad Hammamet nel 2000, ne «aveva la disponibilità esclusiva, come si confà al proprietario». Di conseguenza, le tasse spettano agli eredi.
STEFANIA CRAXI “OBBROBRIO GIURIDICO”
Per i giudici non trova riscontro l’assunto difensivo secondo cui Bettino Craxi «al fine di eludere la tassazione personale, avrebbe retrocesso le somme al partito», come sostenuto dagli avvocati Giancarlo Zoppini, Giuseppe Pizzonia e Giuseppe Russo Corvace, legali della famiglia. Per Stefania Craxi questa sentenza è un «obbrobrio giuridico», perché la sua famiglia è condannata a pagare «per un finanziamento illecito». La definisce, dunque, un’ingiustizia, come riportato dal Corriere della Sera: «Abbiamo ereditato il partito?». Inoltre, per la famiglia nulla è dovuto in quanto hanno rinunciato all’eredità con beneficio di inventario, cioè non sono tenuti a pagare i debiti superiori al lascito. Per la Cassazione, invece, la Commissione Tributaria lombarda «ha composto un quadro probatorio che conferma la pretesa erariale e pone in rilievo il ruolo cruciale di Craxi», il quale almeno a partire dalla seconda metà degli anni ’80 aveva fatto aprire ai suoi prestanome un conto corrente, International Gold Coast, che movimentava e gestiva tramite terze persone «al quale affluivano i denari che “qualche persona” doveva far arrivare all’on. Craxi».
BOBO CRAXI “SOLDI NON DOVUTI E TUTTO PRESCRITTO”
Bobo Craxi in un’intervista al Corriere della Sera rivela che il ricorso è stato presentato dalla sorella e che lui non era d’accordo. «Comunque per me quelle sono tasse processuali non dovute» in quanto hanno rinunciato all’eredità, prima con beneficio di inventario, separando le posizioni, poi del tutto. «Sapevamo che mio padre aveva pendenze fiscali. Ma non c’era nessun conto suoi». Dunque, per Bobo Craxi i magistrati ne hanno attribuito uno che è intestato a terzi. «In ogni caso sono passati 30 anni. Dopo 10, se non hai ricevuto cartelle, e io non ne ho avute, è prescritto». Quindi, Bobo Craxi non ha alcuna intenzione di pagare: «Avendo servito lo Stato come mio padre e mia sorella, sono pronto a offrire un risarcimento simbolico, secondo le mie capacità». Ma per il figlio di Bettino Craxi c’è anche un punto politico: «Io non riconosco nulla di quelle condanne. Fu un colpo di Stato». Anche se quei finanziamenti erano illegali. «Il Psi non prendeva soldi dall’Urss né dagli Usa», d’altra parte il padre «spingeva per una soluzione di natura politica».