Paolo Crepet, in una intervista a La Verità, ha parlato del ruolo che hanno i social network nella vita dei giovani. “Non do troppa importanza a smartphone e computer. Per me sono elettrodomestici come un frigorifero. Si attaccano alla rete elettrica altrimenti si scaricano, e si usano quando c’è bisogno. Poi se si mette le dinamite nel frigorifero è un problema”, ha premesso.



L’assenza di comunicazione tra generazioni dunque non può derivare esclusivamente da questo fattore. “L’incomunicabilità c’è da decenni. Già negli anni Cinquanta si cominciò a dire che c’era qualcosa nel progresso che erodeva le nostre capacità di espressione emotiva. Si ricorda Deserto rosso di Michelangelo Antonioni? I social hanno registrato 40 anni dopo questo fenomeno. La rivoluzione digitale l’ha acuito, non inventato. Non diamo medaglie a chi non se le merita”, ha affermato l’esperto. È per questo motivo che una guerra mediatica non è utile. “Oltre la demonizzazione cosa possiamo fare? Una battaglia ideologica contro i social? Le vere galere sono le ideologie. Se sei pro social appartieni a un’ideologia se sei contro a un’altra. Dobbiamo capire qual è il senso della vita che vogliamo costruire”.



Crepet: “Accesso ai social sempre più precoce”. L’appello ai genitori

In questo senso Paolo Crepet non può che rivolgersi ai genitori. “Da quando c’è la Rete, c’è il parental control ma nessuno lo attiva. Se i genitori non ci sono, chi controlla? Purtroppo non funziona il parental, non il control. Il problema è che l’accesso è sempre più precoce. Se avvenisse in gioventù me ne preoccuperei meno. La questione riguarda chi lo consente. Se ammetto che mia figlia di 13 anni esca vestita come se ne avesse 26 non esercito il mio ruolo di educatore. Da qui discende tutto il resto”.



Le conseguenze, secondo l’esperto, sono numerose, ma nessuno prende dei provvedimenti. “Il fatto è che questa roba tira e il mercato ha sempre ragione. Se la stoffa di un certo colore vende, anche se dico che è brutto ad un certo punto mi arrendo. Nei miei libri e nelle mie conferenze continuo a mettere in guardia dall’invadenza della tecnologia. Se il mercato fosse succube del pensiero unico, i miei libri rimarrebbero invenduti e le mie conferenze andrebbero deserte”, ha concluso l’esperto.