Sorprendersi dei disagi sofferti dai giovani è bizzarro per lo psichiatra Paolo Crepet, soprattutto perché è stato fatto di tutto proprio «per rendere più fragili le giovani generazioni». Ne parla a La Stampa, spiegando che uno degli è errori è proteggerli e far sì che fin da bambini non sappiano cos’è la frustrazione di ricevere un no. «Sono le famose regole di cui parliamo da decenni, ma che poi non ci piacciono in alcuna declinazione». Non piacciono né ai figli, né ai genitori e neppure ai nonni, «che da genitori severi che erano ai loro tempi si sono fatti liquidi e concedono liquirizie ai nipoti da piccoli e soldi quando sono un po’ più grandi». Crepet aggiunge pure i danni della deregulation sociale che hanno lasciato un vuoto: «Una volta c’erano i portieri dei condomini a occuparsi dei bambini lasciati a giocare in cortile dai genitori che andavano a lavorare, c’erano le parrocchie, oggi ricamare una rete del genere è impensabile».



Ma si può rimediare: ciò è possibile con la consapevolezza del genitore, «altrimenti dovremmo dare la famiglia per spacciata e ogni battaglia sarebbe persa in partenza». Per Crepet è impensabile che un genitore debba sapere dov’è suo figlio con la geolocalizzazione del cellulare, «perché questa è una stupidaggine inumana». Con la mancanza di regole, i giovani sono più soli. «A incidere sulla fragilità degli adolescenti è il buonismo educativo, con i genitori che pensano di agire per il bene dei figli lasciandoli liberi e invece li rendono delle barche senza timone, col risultato di non farli più liberi, ma di accelerarne la corsa verso il naufragio».



CREPET “I GIOVANI VOGLIONO ESSERE ASCOLTATI”

La prima cosa da fare per invertire questa rotta, secondo lo psichiatra Paolo Crepet, è ristabilire le regole. A tal proposito, fa un esempio: a scuola non vanno usati i cellulari. Per quanto riguarda l’idea della scuola a tempo pieno prospettata in Consiglio dei ministri, «questo vuol dire miliardi per formare i docenti, pagare loro stipendi adeguati e dotare la scuola degli strumenti richiesti». Un altro esempio fatto su La Stampa è quello della promozione: la scuola non può promuovere tutti gli alunni. «E poi bisogna sgretolare questo “liberi tutti” per cui ora si può aggredire un professore».



C’è poi il capitolo famiglia, dove dovrebbe tornare il buon senso, in modo che «i cellulari si possano dare solo da una certa età». Bisogna chiedersi chi ascolta i ragazzi e cosa si fa per farli sentire meno soli, perché hanno una grande voglia di essere ascoltati e autorevolezza. «Non possiamo rinunciare a questo modo, delegando alla rete… Alla ragazzina che si spoglia su un social e ci guadagna sopra non abbiamo insegnato che il corpo non dev’essere mercificato. In realtà, ci sono un sacco di cose che possiamo fare, ma mi chiedo se davvero è ciò che vogliamo», conclude Paolo Crepet.