Paolo Crepet, sociologo e psichiatra, ha rilasciato un’intervista per il Giornale riflettendo sull’ennesima storia di estrema violenza, nuovamente un omicidio, compiuta da un giovane ai danni di un coetaneo, ovvero la vicenda di Giulia Cecchettin e Filippo Turetta. Questa ed altre storie simili, secondo lo psichiatra, hanno un filo comune che è rappresentato dal fatto che “i ragazzi non sanno gestire la frustrazione. Si mollano con la ragazzina e vanno fuori di testa, senza proporzione”.



Una costante che, però, secondo Crepet ne nasconde un’altra, ovvero il fatto che “i genitori non glielo hanno insegnato. O meglio, non li hanno lasciati liberi nella vita di impararlo con le loro esperienze“. Il problema, infatti, è che pretendendo “di proteggerli da tutto, non permettiamo che si creino gli anticorpi per affrontare sfide e delusioni”. Il monito, insomma, è chiaro “stiamo crescendo ragazzi che non sono più in grado di affrontare la sconfitta“, perché secondo Crepet “i genitori [sono] i primi a voler essere eternamente giovani e quindi è ovvio che i loro figli a loro volta non crescono”.



Crepet: “Lo schemino uomo-killer e donna-vittima è sbagliato”

Come antidoto a questa situazione che potrebbe plasmare un futuro drammatico, secondo Crepet, bisognerebbe innanzitutto andare oltre “allo schemino dell’uomo assassino e della donna vittima. Non è così. Basta con l’idea del maschio fallocratico“. Questo schemino, infatti, fa sì che le madri insegnano “alle figlie a sopportare come fosse un valore da tramandare di generazione in generazione”, mentre dovrebbe essere logico che “l’amore debba essere il contrario della galera e che solo una mente illiberale possa partorire l’idea di geolocalizzarmi”.



“Insegnate ai vostri figli”, invia Crepet rivolgendosi direttamente a madri e padri, “a essere liberi. Lasciateli sbagliare, altrimenti non cresceranno e a 22 anni non sapranno gestire cose che avrebbero dovuto imparare a gestire a 16. Discostatevi dall’idea che la società ha di normalità”, perché altrimenti si finisce per banalizzare con l’esito che “poi abbiamo bisogno di distruggere e chiamiamo la violenza amore”. Imbeccato sulla proposta di istituire l’ora di affettività a scuola, Crepet ritiene che sia solo fine a “metterci a posto la coscienza. L’affettività e i sentimenti non si insegnano a scuola, si imparano per strada, in famiglia, ovunque”.