Se il ragazzino usa sempre lo smartphone e ripete ciò che vede nelle immagini e video in modo inappropriato, commettendo atti di violenza, “la responsabilità è dei genitori che non lo controllano” spiega Paolo Crepet. Lo psichiatra, sulle pagine del Messaggero, parla della questione degli adolescenti che non rispettano le regolespesso arrivando a commettere reati come stupri e omicidi, come dimostrano gli ultimi casi di cronaca. “Almeno a scuola i cellulari non si devono usare mai”, spiega l’esperto. “Il vero problema è che sono i genitori che vogliono che i figli abbiano il cellulare. Con tutti i ricorsi al Tar che ci sono stati, avremmo dovuto capirlo che la questione va risolta a monte”, sottolinea ancora.



I genitori, comunque, dovrebbero vigilare meglio: “Sono proprio loro i primi che dovrebbero monitorare i figli, capire cosa fanno e come si comportano con gli altri, ma non lo fanno affatto. Lo vediamo tutti i giorni”. Spesso i genitori lavorano e i ragazzi sono soli, certo, “ma possono verificare quello che fanno i figli la sera, quando rientrano a casa. Va bene la scusa del lavoro, ma non dimentichiamo che non è che i genitori lavorano fino alle due di notte. Il problema è che dopo una giornata fuori, non hanno voglia di andare a vedere cosa hanno fatto i ragazzi in loro assenza. Eppure, dovremmo saperlo: prendersi cura dei figli e verificare se hanno compiuto azioni corrette o meno è una regola morale dei genitori”.



Crepet: “Educhiamo anche i genitori”

Sempre più spesso, inoltre, i social sono al centro dei casi di cronaca con protagonisti i ragazzi. Paolo Crepet spiega a Il Messaggero: “In realtà, c’è un tema che si sottovaluta, e su cui dovremmo interrogarci: è noto infatti che spesso sono gli adulti stessi che usano i social, mandano video, usano le chat, si collegano agli stessi siti web che utilizzano gli adolescenti. Del resto, se osserviamo influencer e youtuber, un aspetto è evidente, ossia sono solo minorenni, o solo adulti. Io sostengo che è possibile senz’altro un buon uso oppure un cattivo uso della rete, ma spesso è molto difficile stabilire qual è il buon uso. Ma una cosa è certa: se una ragazzina si mette in mutande e si fa riprendere non mi pare sia un buon La scuola cosa può fare, corsi uso”.



Per questo, lo psichiatra spiega: “La mia idea è che intanto fino a una certa età, per esempio fino a 14 anni, almeno a scuola non si debbano usare i cellulari. E questo limite bisogna definirlo come legge dello Stato, altrimenti poi ognuno fa come vuole. In sostanza, le norme occorre saperle fare applicare, altrimenti è tutto inutile”. Bisogna però educare anche i genitori: “Su Onlyfans chi ci va? Accedono sia adulti che minorenni. Riflettiamo poi su un dato: se è vero che ci sono ragazzini che giocano a soldi, con le partite on-line, come è possibile che dispongano di soldi, chi gli ha dato la carta di credito? Ma, ripeto, è una situazione molto difficile da risolvere“.