Fa discutere la storia di una 16enne inglese che ha denunciato lo stupro del suo avatar nel metaverso. Paolo Crepet, psichiatra, non ne è affatto sorpreso. “Eravamo predisposti” spiega a Libero. “Second Life esisteva già una decina di anni fa. Abbiamo iniziato a subliminare la vita reale con un’altra che ci sembrava migliore. E adesso è venuta fuori questa cosa qua. Io lo capisco bene il trauma psicologico che ha colpito questa ragazzina”. Oggi, infatti, “il mondo virtuale deve essere sempre più credibile affinché uno ci si identifichi. Questa “seconda vita” non può essere edulcorata. Non parliamo più del principe azzurro o della fatina, siamo proprio in un’altra dimensione”.



Oggi anche i videogiochi “sono diventati sempre più realistici. Funzionavano proprio così, in maniera proporzionale al realismo che proponevano. Ora il metaverso deve assomigliare alla vita con tutto quello che è. Guardi, fino all’altro giorno si trattava di un “videogioco”: era preoccupante, ma fino a un certo punto. Il salto che ha fatto l’avatar è che viene eletto a un te stesso. Chi ce l’ha è lui, realmente lui. È un passaggio complesso” spiega. La situazione potrebbe diventare ancora più estrema “con l’intelligenza artificiale” che non sappiamo “dove ci porterà. Sarà sempre più perfezionato nei difetti. La vita dei ragazzi e delle ragazze comprende anche una parte complicata: se uno si rinchiude in camera è senza difese, perché le difese sono sociali“.



Crepet: “Social? Per i giovani il ghosting è un trauma, è come essere abbandonati”

La vita virtuale ha effetti collaterali da non sottovalutare per i più giovani. La realtà fuori di casa, secondo Crepet, spesso “non la si vuole neanche sapere”. Quello del metaverso “per i ragazzini è un mondo salvifico”, spiega a Libero. Quando si vive un trauma come quello che ha denunciato la ragazza inglese, con lo stupro del suo avatar, è difficile fare finta di niente perché “è un meccanismo più che conosciuto nella tecnologia digitale, è lo stesso dei social”. I social, infatti, “creano e pretendono una continuità. Non prevedono la discontinuità. Tanto è vero che quando c’è, e si chiama ghosting, c’è un trauma. Per gli adolescenti della generazione Z il ghosting è il primo motivo di angoscia. È come essere abbandonati”.



Per i giovani “la vita fuori, quella reale, è sempre meno interessante. La famiglia lo è sempre meno, i luoghi di cosiddetta socializzazione urbana non esistono quasi più, la scuola è priva di grandi interessi. E quello diventa il mondo preferito, anche nella misura in cui contiene il lupo, il pericolo vero. Perché così è più credibile. Sennò diventa Biancaneve e i sette nani”. Così, anche il mondo virtuale diventa violento come quello reale. I più giovani “sono stati violentati, è stato tolto loro tanto. L’adolescenza è molto più brutta di una volta. Se non ti raccontano neanche più le fiabe…” rivela Crepet. Ci sono infatti statistiche “per cui il 45% dei bambini non ha mai sentito raccontare una favola umana. Questa è un’infanzia stuprata, metaforicamente. Ed è avvenuto gradualmente, piano piano, in tutti questi anni: ecco il risultato. Ci sembra irreale e facciamo fatica a crederci. Ma non è un caso isolato”.