Il cardinale Crescenzio Sepe compie 80 anni. La Chiesa di Napoli è in festa e almeno altrettanto quel pezzo di società, qualificata come civile, che nei quattordici anni del suo ministero ha avuto la fortuna di conoscerlo apprezzarlo e amarlo per quanto ha fatto nel tentativo di risvegliare le coscienze ed esortare all’azione. Perché pregare fa bene, sempre che non ci si dimentichi poi di agire.
Partito da Carinaro, in provincia di Caserta, il giovane prete si è fatto notare dalle autorità ecclesiastiche per la sua intelligenza e capacità operativa fino a crescere nella considerazione di papa Woytila al punto da essere stato tra i pochi prescelti a poterlo assistere sul letto di morte. Per il Pontefice venuto dalla Polonia aveva organizzato il Giubileo del 2000 con incredibile successo di critica e di pubblico.
Inviato a Napoli dal successore tedesco Joseph Ratzinger, anche per evitare una scomoda convivenza in Vaticano, il neo arcivescovo si è immediatamente calato nello spirito del luogo mettendo testa e mani nel vivo di una comunità dolente. Forse perché capace di parlare la stessa lingua, Sepe non ha faticato a entrare in sintonia con gli ambienti cittadini diventando per tutti un solido punto di riferimento.
Benché in relazione con i potenti ed egli stesso uomo di potere, ha messo sempre gli ultimi in cima ai suoi pensieri mostrando estro e abilità innovativa come quando ha realizzato la Casa di Tonia per le ragazze madri o quando ha fondato il market solidale col contributo di un sacerdote geniale come Gennaro Matino. Davanti alla sua volontà i problemi si piegavano e risolvevano.
Formidabile l’idea dell’asta natalizia per servire una buona causa a favore dei bambini individuata con l’apporto delle principali testate giornalistiche locali. Dal Papa al presidente della Repubblica, dal Premier al Presidente della Regione, dal Sindaco al Prefetto, non c’è stata Istituzione che non abbia messo in palio un proprio bene acquistato da professionisti e imprenditori.
Il momento politico più alto è stato raggiunto nel 2011 con il lancio di un Giubileo per Napoli unico (e forse irripetibile) nel suo genere. Una vera e propria sveglia alla città preceduta da un viaggio negli Stati Uniti, a New York, teso ad anticipare i temi del suo impegno. Una prova generale di quello che poteva essere e sarebbe stato con la ponderazione dei rischi e delle opportunità. Quell’intero anno fu dedicato a stimolare e chiamare a responsabilità mestieri e professioni, politica e associazionismo, il pubblico e il privato. Non c’è stato anfratto della società che non sia stato illuminato dalla torcia dell’indagine sul cuore e l’ingegno del popolo più generoso e indisciplinato che si conosca. E il popolo, alto e basso, ha risposto con entusiasmo non mancando all’appuntamento.
Sembrava che tutti si dovessero risvegliare dal torpore troppo a lungo coltivato, che progetti moribondi potessero d’improvviso rivitalizzarsi, che perfino antiche rivalità potessero appianarsi al cospetto di un bene superiore. L’energia che attraversava persone e quartieri era quasi palpabile. La predicazione del pastore, laica e sacra allo stesso tempo, mostrava di dare i frutti sperati.
È stata una bella avventura. Un’esperienza che è valsa la pena di vivere anche se col tempo impegni e promesse hanno perso forza e colore. Senza l’incalzare del trascinatore, l’animo collettivo della bella metropoli si è frantumato tornando a rifugiarsi nel destino individuale. Ciascuno per sé secondo tradizione, nonostante si continuasse a protestare voglia di collaborazione. Parole.
Riempie il cuore di gioia e speranza il suo saluto speciale, affettuoso come una carezza. Un’esortazione giocosa e dunque molto seria che tutti attendono quando si congedano da lui. Senza, sembrerebbe di aver fallito qualcosa. Di non aver meritato il premio di quel suono ormai familiare reso ancor più gradito da uno sguardo indulgente e buono: A Maronna t’accumpagna.
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