L’indagine della Banca d’Italia in merito alle aspettative di inflazione e crescita sul primo trimestre 2023 condotta dal 24 febbraio al 17 marzo ha evidenziato una diminuzione del sentiment negativo in merito alla crescita del paese che ha caratterizzato invece il 2022. In buona sostanza aumenta la fiducia e crescono le prospettive di crescita e sviluppo tra le imprese italiane.
Crescita e sviluppo: i risultati dell’indagine
Ciò è dimostrato dai risultati dell’indagine: coloro che sono accompagnati ancora da un sentimento pessimista costituiscono solo il 23,7% degli intervistati, circa la metà rispetto a quanto evidenziato in precedenza. E anche se i pessimisti restano in maggioranza rispetto a coloro che vedono un miglioramento, coloro che acquisiscono sempre più fiducia sono più del doppio rispetto alle rilevazioni precedenti, passando da un 6,3 al 14,9%.
Sicuramente l’elemento che spinge verso un cambiamento di rotta è la diminuzione dei prezzi delle materie prime energetiche che hanno anche causato un incremento della domanda per i propri prodotti o servizi. Cil determinerebbe una percezione di maggiore stabilità sia economica che politica.
Per quanto concerne la crescita per settori, i maggiori incrementi sono stati registrati principalmente dalle imprese della manifattura e dei servizi, ma anche delle costruzioni di cui, circa la metà delle imprese, ha dichiarato di aver beneficiato dei vantaggi connessi al Superbonus 110%.
Crescita e sviluppo: prospettive future di crescita e occupazionali
Si stima inoltre che la crescita investirà tutti i settori e vedrà un aumento del 45,9%, mentre solo il 13,2% ne prevede la contrazione che andrebbe da 31,5 e 20,4 nella rilevazione precedente.
Il miglioramento del saldo è stato più netto per le imprese manifatturiere che per quelle dei servizi e quelle edili. La quota delle imprese che prefigurano un aumento della spesa per investimenti fissi nel 2023 rispetto al 2022 continua a superare quella di chi ne prevede una riduzione, di 14,6 punti percentuali (come nella scorsa rilevazione). Il divario è particolarmente marcato tra le grandi imprese dell’industria in senso stretto e dei servizi (33,8 punti percentuali), e tra quelle edili che operano prevalentemente nel comparto residenziale (22,7).
Le aspettative sui livelli di occupazione nel secondo trimestre, le prospettive rimangono positive in tutti i settori: la quota di imprese che prefigurano un aumento delle assunzioni è superiore del 17,8% rispetto a quella di chi ne prevede un calo. La crescita di questo dato è netta: si parla dell’11,1%. Ma anche in questo caso l’Italia corre a due velocità con una netta prevalenza delle aziende situate nel Centro nord e con un numero di addetti superiori a 1000. Questo perché il miglioramento dei prezzi per le materie energetiche non è stato percepito in maniera uguale per tutti: oltre il 50% delle imprese ha infatti riscontrato difficoltà anche se la metà di queste ha dichiarato che le difficoltà riscontrate sono state minori rispetto al trimestre precedente. Solo per il 9% degli intervistati queste si sono accentuate.
Tuttavia proprio in riferimento ai rincari sia il 38,0% delle imprese dell’industria e dei servizi e il 48,4% di quelle delle costruzioni intendono alzare i propri prezzi di vendita nei prossimi tre mesi. Si tratta di 20 punti in meno rispetto alla fine del 2022. Si sono ridotte ulteriormente anche le difficoltà legate all’approvvigionamento di materie prime e di input intermedi, che nel primo trimestre hanno interessato un’azienda su tre nell’industria in senso stretto e nei servizi e due su tre nelle costruzioni (da 51,5 e 72,7% nella precedente rilevazione).