L’Istat ha comunicato le stime definitive del Pil italiano nel secondo trimestre dell’anno, confermando i dati già pubblicati in via provvisoria a fine luglio. La crescita del Pil reale, calcolato a prezzi costanti e inoltre su dati destagionalizzati e corretti per la differenza di giornate lavorative in calendario, è stata del 2,7% rispetto al trimestre precedente e addirittura del 17,3% rispetto al secondo trimestre dello scorso anno, quello peggiore per gli effetti della pandemia e del rigido lockdown adottato in gran parte di esso per contrastarla, con le attività produttive non essenziali sospese e molti esercizi commerciali chiusi.
Questi due numeri sono identici a quelli provvisori resi noti un mese fa, mentre una piccola limatura verso il basso, al 4,7%, riguarda la crescita economica acquisita per l’anno in corso. Questo terzo numero importante va interpretato nel seguente modo: se nei due trimestri che mancano del 2021 il Pil reale dovesse smettere di crescere, e restare immobile allo stesso livello del secondo trimestre, allora nell’intero anno esso risulterà più elevato proprio del 4,7% rispetto al livello dell’anno precedente. Ma ovviamente confidiamo in una continuazione della crescita anche nel secondo semestre, che potrebbe portare il dato definitivo dell’anno al di sopra del 6%, superando le previsioni ufficiali del governo e dei principali organismi internazionali.
In condizioni normali questi tre numeri, messi a confronto con quelli dei principali paesi e dell’intera Unione o dell’Eurozona, esaurirebbero l’analisi. In quel caso ci basterebbe dire che stiamo andando meglio di diversi grandi paesi, tra cui Germania e Francia, e decisamente meglio dell’intera Eurozona, ferma nel trimestre ai due terzi della crescita dell’Italia. Tuttavia è ben noto che non siamo in tempi normali, dato che ci stiamo trovando in una fase di risalita dalla drastica caduta che ci toccò nella prima metà dello scorso anno e che essa fu per noi, colpiti per primi e senza preavviso alcuno dalla pandemia, molto più grave che per diversi altri. E poiché siamo caduti molto, è evidente che dobbiamo risalire di più degli altri per ritornare al livello di partenza. Vi sono, dunque, due domande alle quali i numeri ordinari commentati prima non sono in grado di rispondere:
1) Quanta parte della caduta siamo riusciti sinora a recuperare?
2) Quanta parte della caduta non siamo invece ancora riusciti ed è dunque il nostro obiettivo prossimo?
Detto in altri termini, quanto è pieno il bicchiere della ripresa e quanto è ancora vuoto? Risponde per noi il Grafico 1, in cui i principali paesi sono ordinati in base all’ampiezza della caduta complessiva prodotta dalla pandemia nel primo semestre 2020. L’istogramma che quantifica la caduta percentuale di ognuno rispetto al livello dell’ultimo trimestre 2019 è a sua volta diviso in due sottoparti colorate, delle quali quella rossa rappresenta la caduta già recuperata alla metà del 2021, mentre la parte blu quella che resta ancora da recuperare.
Grafico 1 – Caduta % del Pil reale nel II trim. 2020 rispetto al IV trim. 2019, distinta in componente recuperata al II trim. 2021 e componente non ancora recuperata (*)
(*) Per la sola Grecia il calcolo del recupero è al I trimestre 2021, non essendo ancora noto il dato del secondo trimestre.
Fonte: elaborazioni su dati Istat ed Eurostat
Il grafico ci mostra come la caduta italiana dello scorso anno sia stata, col 18%, la terza peggiore tra tutti i paesi Ue di grandi o medie dimensioni, superata solo dalla Francia e dalla Spagna con più del 18% e con il Portogallo simile all’Italia. Un secondo gruppo di paesi, tre in totale, ha avuto conseguenze più limitate, con una riduzione complessiva compresa tra il 12 e il 15% (in ordine decrescente sono il Belgio, la Grecia, l’Austria e la Germania). In questo range statistico, ricadono anche, come prevedibile, sia l’intera Unione che l’Eurozona. Infine due paesi hanno avuto esiti meno sfortunati, l’Olanda e la Svezia, e sono anche gli unici che sono riusciti a recuperare tutta o quasi la caduta dello scorso anno.
Riguardo alla Grecia va tuttavia segnalato cha la ripartizione tra caduta recuperata e non recuperata è ferma al primo trimestre e che, pertanto una volta noto il dato mancante, essa potrebbe spostarsi nel gruppo più virtuoso, quello che è riuscito a risalire quasi del tutto dalla caduta, peraltro la più piccola nello scorso anno tra tutti i paesi del Sud Europa. Una miglior gestione della pandemia oppure la frammentazione del Paese in molti arcipelaghi e isole avrà fatto da barriera alla diffusione del virus? Una domanda a cui è difficile rispondere. Occorre invece rilevare che l’Italia ha ancora quasi quattro punti percentuali da recuperare, i quali possono essere considerati pochi in rapporto all’entità della caduta, ma non lo sono ovviamente in valore assoluto. La strada sulla via della ripresa è dunque ancora lunga.
Per concludere ci appare utile verificare quali componenti del Pil hanno favorito maggiormente il recupero e a che punto è il percorso di risalita per ognuna di esse.
Grafico 2 – Livello del Pil reale e delle principali componenti (IV trim. 2019=100)
Fonte: elaborazioni su dati Istat
Il Grafico 3 illustra la dinamica del Pil reale dell’Italia e delle sue principali componenti, ponendo uguale a 100 per ogni variabile il valore raggiunto nel IV trimestre 2019, l’ultimo prima che si manifestasse la pandemia. In questo modo possiamo mettere a confronto i diversi comportamenti, evidenziando per ogni variabile sia l’ampiezza della caduta che quella del successivo recupero. Dal grafico notiamo che:
1) la domanda per consumi pubblici, la spesa della Pa, come atteso non ha avuto alcuna caduta, anzi un incremento nel corso del tempo, che ipotizziamo dovuto alla spesa sanitaria (produzione di servizi e consumi di materiali e medicinali);
2) gli investimenti sono la componente che è caduta di più durante la pandemia, ma anche quella che ha recuperato di più, ponendosi nettamente negli ultimi due trimestri al di sopra del livello pre-pandemia. Questa è un’ottima notizia per le attese future di ripresa economica.
3) La spesa per consumi privati (delle famiglie e delle istituzioni private non profit) è invece la componente ancora problematica: essa è in crescita nel trimestre più recente, tuttavia dopo due trimestri di stagnazione. In questo caso il recupero del livello ante Covid è ancora lontano, mancando all’appello ancora 6,4 punti percentuali.
Per non appesantire il Grafico 2 non vi abbiamo riportato le componenti estere del Pil, illustrate invece nel Grafico 3. In relazione a esse vediamo il consistente effetto della pandemia che ha riguardato sia l’export che l’import, ma il primo in misura maggiore. Il recupero dei precedenti livelli è stato sinora consistente, ma n0n completo e maggiore per l’import rispetto all’export. A quest’ultimo mancano ancora 4,5 punti percentuali rispetto al livello pre-pandemia, all’import solo 2,5.
Grafico 3 – Import ed export reale dell’Italia (IV trim. 2019=100)
Fonte: elaborazioni su dati Istat
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