È trascorso un anno dall’inizio della guerra in Ucraina e da allora le condanne per crimini di guerra sono state più di 20. Per effetto delle sanzioni, i beni russi congelati hanno raggiunto il valore di 21,5 miliardi di euro. Ma qual è l’efficacia concreta di questi provvedimenti? Ne hanno discusso Éric Dupond-Moretti, Ministro della giustizia francese, e Didier Reynders, Commissario europeo per la giustizia, raggiunti dal quotidiani francese L’Opinion. “Stiamo giudicando crimini di guerra durante la guerra. È la prima volta. Sono in corso diverse migliaia di indagini, che coinvolgono centinaia di sospettati” afferma Reynders, che sottolinea come in Ucraina “sul fronte militare stiamo utilizzando fondi europei – 3,6 miliardi – a cui si aggiungono 8,4 miliardi di euro dagli Stati membri. Se aggiungiamo i 30 miliardi di aiuti operativi per l’Ucraina e il sostegno ai quattro milioni di rifugiati, abbiamo superato i 50 miliardi di intervento europeo”.
Dupond-Moretti parla invece di “embargo e sanzioni legali” e di “lotta contro l’impunità”, annunciando che “la Francia è stata in prima linea inviando giudici alla Corte Penale Internazionale, esperti forensi e un laboratorio mobile in Ucraina per la raccolta del DNA. Stiamo anche formando i giudici ucraini in materia di sanzione dei crimini di guerra, comprese le violenze sessuali e gli stupri”.
Guerra in Ucraina, il futuro dei beni russi congelati: “rispetteremo Stato di diritto”
I beni confiscati alla Russia potrebbero in futuro essere destinati alla ricostruzione dell’Ucraina. “Con il Parlamento stiamo cercando di procedere il più rapidamente possibile nel rispetto dello Stato di diritto” conferma Reynders al quotidiano L’Opinion. In particolare, in futuro “se un ente pubblico o privato elude le importazioni vietate o tenta di nascondere i beni, può essere portata in tribunale. In caso di condanna, i beni verranno confiscati. Si tratta ora di recepire questa direttiva, spero sotto l’attuale presidenza svedese”.
Éric Dupond-Moretti e Didier Reynders hanno anche annunciato l’arrivo di alcune novità all’interno dell’Unione Europea, tra cui un organismo di “monitoraggio etico” proposto recentemente dalla Commissione. “Alcuni eurodeputati tardano a dichiarare i loro spostamenti – sottolinea Reynders – Un altro esempio è che per diventare commissario bisogna dichiarare il proprio reddito e il proprio patrimonio. Ma sono rimasto molto sorpreso nel vedere che non esiste un organismo che definisca ciò che deve essere dichiarato e le modalità di controllo”. E sottolinea che “Bruxelles è, insieme a Washington, il luogo dove ci sono più lobby al mondo. Il che non è un problema, purché sia un fatto noto”.