E’ allarme variante inglese covid in Italia. I contagi stanno continuando a salire in maniera costante nelle ultime due settimane, tutta colpa appunto della nuova versione del virus che, pur mantenendo la stessa gravità, risulta essere ben più contagiosa rispetto a quella “classica”. C’è quindi il rischio che a breve i casi tornino a esplodere nella nostra penisola, arrivando fino a 40mila contagi al giorno: “Nel giro di una settimana – sottolinea il microbiologo Andrea Crisanti, professore dell’università di Padova, parlando con i microfoni del programma di La7 Piazzapulita – rischiamo 30.000 o 40.000 contagi, con la diffusione della variante inglese del covid”.
Ieri quasi 20.000 nuovi casi, seppur il tasso di positività si è mantenuto sui livelli degli ultimi giorni: “I dati ci raccontano l’attività della variante inglese – prosegue Crisanti – che ha una diffusibilità non paragonabile a quella del ceppo originario. Ancora sento parlare di aperture, sono proposte assolutamente non realistiche. Quando abbiamo misure restrittive, come zona rossa o zona arancione, i contagi calano e riparte il dibattito su come riaprire”.
CRISANTI: “I RISTORNATI PERICOLOSI DA RIAPRIRE”
Crisanti ricorda come questa variante del covid abbiamo creato “un disastro in Gran Bretagna. Non è che tutto valga in ogni paese, ma ci troviamo di fronte ad una variante del covid che ha un’enorme capacità di diffusione”. E proprio a causa di questo disastro oltre Manica hanno deciso di chiudersi da ben 8 settimane, circa due mesi: “L’Inghilterra da 8 settimane è in una sorta di zona rossa rafforzata: quasi tutti i negozi chiusi, bar e pub chiusi e solo attività di asporto. Noi siamo passati da 10.000 a 20.000 casi in 5 giorni. In Inghilterra hanno impiegato 3-4 settimane per passare da 10.000 a 70.000, è una cosa seria. Le zone gialle non funzionano, è acclarato”. E a chi spinge per riaprire i ristoranti anche di sera, Crisanti replica: “Non sono pericolosi i ristoranti, è pericoloso quello che facciamo al ristorante: ci togliamo la mascherina e parliamo. Una soluzione potrebbe essere stabilire regole per l’accesso e non chiudere i ristoranti”.