Il Coronavirus si sta “spegnendo”? E’ questa la tesi emersa nelle ultime ore dopo lo studio sui risultati dei tamponi realizzato da Roberto Rigoli per conto della Regione Veneto e in netto contrasto con quanto più volte sostenuto da Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di microbiologia e virologia di Padova. A suo dire, infatti, dietro ai dati solo apparentemente rassicuranti delle ultime settimane c’è in realtà “qualcosa che non sta funzionando”, come dimostrato dalla curva dei contagi che resta certamente bassa ma sempre costante. Crisanti è il virologo che ha puntato tutto sui tamponi a tappeto in controtendenza a quanto inizialmente sostenuto dall’Oms e dal governo. In una intervista al Corriere della Sera, Crisanti ha commentato le tesi del collega Rigoli il quale ha messo in evidenza nel suo lavoro due aspetti salienti: il primo è che quasi tutti i positivi sarebbero asintomatici o con sintomi lievi, il secondo è che molti di loro non sarebbero contagiosi in quanto il loro organismo conterrebbe solo frammenti di virus ormai inerti. “Chi parla dell’ infettività di questo virus non sa quello che dice, perché l’infettività si misura sperimentalmente, e sull’uomo non è possibile fare nessun esperimento e non esiste un modello animale. Senza numeri e senza misura non è scienza, sono solo chiacchiere. Siccome non è possibile fare sperimentazioni di infettività sull’uomo, nessuno sa qual è la dose infettiva di questo virus e non c’è nulla da commentare: non si può commentare con un argomento scientifico una cosa che non è Scienza”, ha però tuonato Crisanti.



CRISANTI: VIROLOGO CONTRO TESI ROBERTO RIGOLI

Rispetto allo studio realizzato da Roberto Rigoli, coordinatore delle microbiologie del Veneto, Crisanti ha ammesso di non averlo visionato ma si domanda come abbiano fatto a compiere quelle misurazioni: “Sarebbe interessante sapere sulla base di quali misure sono state fatte queste affermazioni. Se la carica virale è bassa, chi lo dice che il virus non è infettivo? Per alcune malattie basta un batterio per provocare l’ infezione, ma lo sappiamo perché c’ è un modello animale”, dice, mentre in questo caso “non esistono modelli animali”. Eppure la tesi di Rigoli sembra essere in linea con la ricerca dell’istituto Mario Negri secondo la quale i nuovi casi positivi avrebbero una carica virale molto bassa. E lo stesso Alberto Zangrillo ha asserito che “clinicamente il virus non esiste più”. “Per me queste letture vengono fatte senza sapere il perché di quello che sta succedendo”, è stato il commento del virologo Crisanti, riconoscendo che l’esistenza attuale di casi non gravi ma ricordando quanto accaduto a Vo’ a fine febbraio. Ciò induce a pensare forse che la carica virale è poco indicativa? Crisanti ha concluso: “All’epoca la malattia non aveva dato nessuna notizia di sé, questo significa che le prime infezioni erano a carica bassa e molto simili a quelle che vediamo adesso. Lo scenario non è cambiato, è cambiato il nostro punto di vista su quello che osserviamo”.

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