Andrea Crisanti, virologo dell’Università di Padova e responsabile del laboratorio di microbiologia e virologia, ha detto la sua sulla pandemia da Coronavirus e soprattutto ha concentrato il proprio pensiero, rilasciato ad Adnkronos Salute, sulla Fase 2. Secondo lui, la situazione è talmente confusionaria e poco legata ai fatti che “non ci resta che sperare che il caldo uccida il virus”. Ipotesi che non sarebbe nemmeno peregrina, ma che in questo caso è una battuta per esplicitare come in Italia la Fase 2 non sia stata affrontata secondo tutte le giuste valutazioni. Secondo il virologo Crisanti le ipotesi di riapertura sono avvenute anzi “senza criterio scientifico”, in maniera poco razionale; a supporto di questa tesi ha portato il dato dei contagi in due differenti spazi temporali. “Abbiamo chiuso l’Italia con 1979 casi al giorno, la riapriamo con 2200”: la definisce una cosa senza metrica e, dunque, qualcosa non torna.
ANDREA CRISANTI “FASE 2 SENZA CRITERIO”
Il virologo ha anche spiegato che il Coronavirus segue logiche e dinamiche precise, a non farlo è invece il Paese. Anche lui sostiene che il vero errore dell’Italia sia stato quello di muoversi “senza considerare le differenze regionali, senza valutazioni del rischio”. Una tesi che era già stata portata avanti da Walter Ricciardi, secondo cui la Fase 2 avrebbe dovuto partire dalla considerazione che i dati del contagio variano a seconda delle zone e ci sono regioni meno colpite dalla pandemia. A dire il vero, le ultime indiscrezioni da ambienti vicini o interni al Governo lascerebbero intendere che un piano simile in realtà ci fosse, ma al momento attuale il lockdown persiste su scala nazionale. “E’ chiaro che il rischio è diverso da regione a regione e non è uno dei fattori che viene valutato”. Secondo Crisanti dunque la valutazione del rischio è importante per definire la prossima strategia, ma non viene presa in considerazione.
Crisanti naturalmente ha anche detto come si sarebbe potuto fare: “Il metodo alternativo era aprire in un primo gruppo di regioni con situazioni differenti a livello epidemiologico e sociale e con diverse capacità di risposta”: in questo modo sarebbe stato possibile testare la capacità di reazione delle singole regioni, in modo da avere un modello differenziato zona per zona e di conseguenza capire in che modo eseguire le riaperture, essendo poi in possesso di una sorta di “mappa” da utilizzare anche nelle altre regioni. Per esempio il Veneto, che è quella in cui il virologo opera: “Qui ci si è preparati per la Fase 2” ha detto Crisanti “la Regione ha fatto grossi investimenti e comprato macchinari, e ora è in grado di viaggiare al ritmo di 18mila tamponi al giorno, considerando tutta la rete”.