Andrea Crisanti, microbiologo, è intervenuto ai microfoni di “Quel che resta del giorno”, su Rai News 24, commentando innanzitutto le discussioni legate al Green Pass sui luoghi di lavoro. “Si tratta di una protesta generata da una contraddizione di fondo sulla certificazione verde, che non è e non sarà mai una misura di sanità pubblica, per come è stato formulato – ha evidenziato l’esperto –. Esso presenta una serie di contraddizioni. Si sa perfettamente che la protezione contro l’infezione data dal vaccino, dopo 6 mesi cala dal 95% al 40% e, per le complicazioni, la protezione passa dal 90 al 70% dopo mezzo anno. C’è uno studio condotto su 4 milioni di persone che testimonia questi dati. Ecco perché non si può dire che il Green Pass protegga dal contagio dopo 6 mesi”.



Se il Green Pass fosse una misura adeguata a bloccare la trasmissione, “io non avrei dubbi a dire che diminuisce il contagio – ha aggiunto Crisanti –. Se, invece, serve ad aumentare l’adesione alla vaccinazione, penso allora che la carta verde abbia raggiunto il massimo che si potesse raggiungere. Se davvero così fosse, andrebbe individuata una soluzione che elimini questa polarizzazione. Il virus in Italia non ripartirà come in passato se l’adesione alla vaccinazione sarà alta anche in materia di terze dosi”.



ANDREA CRISANTI: “SICUREZZA NO VAX? MERITO DEI VACCINATI, CHE HANNO VINTO LE PAURE”

Per quanto concerne l’argomento tamponi, Andrea Crisanti ha voluto dire la sua ai microfoni di Rai News 24: “Se in una fase come questa, nella quale abbiamo raggiunto l’81-82% di vaccinati, quella del tampone è una strada per stemperare le tensioni, ben venga. Istintivamente sono contrario, perché con i test favoriamo l’astensione dal vaccino, ma, visti i numeri raggiunti dalla campagna vaccinale, possiamo individuare una soluzione di convivenza pacifica con il tampone gratuito per andare al lavoro”.



Infine, una considerazione di carattere generale: “La sicurezza dei non vaccinati si fonda sulla vittoria delle paure da parte delle persone che si sono sottoposte all’inoculazione del vaccino. Stiamo parlando dei quattro quinti degli italiani, che meritano grande rispetto. Chi non si vaccina, oggi corre un minor rischio di infettarsi grazie al loro sforzo”.