Non sappiamo se la terza dose del vaccino funzionerà”, ha detto Andrea Crisanti nel corso del suo intervento odierno a Morning News. nutre numerosi dubbi in merito alla gestione dell’emergenza sanitaria legata alla diffusione del Covid-19 da parte dell’Italia: dal fallace sistema di tracciamento dei casi alle scelte della politica sulle riaperture.



I vaccini contro il Covid-19 attualmente a disposizione non sono più sperimentali. “Tra qualche mese verrà rivisto il protocollo e si passerà dall’autorizzazione all’approvazione”, ha spiegato il docente di microbiologia dell’Universita di Padova. Le rassicurazioni – arrivate dopo 4 miliardi di somministrazioni – dovrebbero essere utili alla popolazione che ancora teme effetti indesiderati, soprattutto a lungo termine. Su questi, sottolinea il virologo, bisogna essere chiari, in quanto “non si sa quali siano, ma è così per tutti i vaccini che sono stati realizzati negli ultimi vent’anni”. È il caso, ad esempio, del vaccino contro il morbillo, che in un caso su mille ha creato complicazioni non indifferenti nei bambini. “Essi, in ogni caso, hanno contribuito a migliorare la vita delle persone e vengono creati sulla base di conoscenze pregresse secondo cui gli effetti a lungo termine non si presenteranno”. I problemi in merito all’efficacia dei sieri a fronte della diffusione di nuove varianti, tuttavia, non mancano.



Crisanti: “Non sappiamo se terza dose funzionerà”. Le ipotesi

Gli esperti, in questi giorni, si stanno interrogando sull’ipotesi di sottoporre la popolazione ad una terza dose del vaccino contro il Covid-19, data la durata limitata dell’immunità. L’Oms, tuttavia, vorrebbe che si desse priorità ai paesi del terzo mondo che non hanno ancora avuto quasi alcuna dose. “Il presupposto del dibattito tra terza dose o vaccinazione di massa riguarda la diffusione elevata del Covid-19 anche in paesi in cui l’80% della popolazione è vaccinata, come nel Regno Unito”, ha spiegato Andrea Crisanti. Lì infatti si registrano circa 30 mila nuovi casi e 100 morti al giorno. Continuando così l‘8% dei decessi annuali sarebbero causati dal virus, “una malattia trasmissibile ma che può essere potenzialmente prevenuta”.



Se, da una parte, al momento i decessi sono per lo più riconducibili a persone non vaccinate, dall’altra alcuni soggetti appartenenti alle categorie fragili che si sono vaccinati otto mesi fa iniziano a manifestare complicazioni gravi, soprattutto a causa della variante Delta. Da qui nasce l’esigenza della terza dose. La sua efficacia, tuttavia, potrebbe essere soltanto parziale. “Una persona può anche fare dieci dosi, ma se esse sono di un vaccino che induce una risposta immunitaria nei confronti di una variante non presente e le risposte immunitarie prodotte non attaccano le varianti attuali è difficile che ciò possa dare effetti”, ha ribadito l’esperto. L’idea è dunque quella di aggiornare i sieri in base alle mutazioni. “I vaccini a mRNA sono facili da modificare, per cui ciò sarebbe possibile”. Ciò comporterebbe però uno sforzo logistico rilevante per riprogrammare le produzioni, oltre che ulteriori problemi burocratici per ottenere l’approvazione di enti come l’Ema e l’Aifa.

Crisanti: “Non sappiamo se terza dose funzionerà”. Una soluzione diversa

Andrea Crisanti ritiene piuttosto che la soluzione possa essere un’altra. “È necessario combinare la vaccinazione con un sistema di sorveglianza e tracciamento efficace”, come quello attuato a Singapore, dove un cluster di 80 positivi in aeroporto è stato arginato con l’effettuazione di 400 mila tamponi in una settimana. Bisogna, dunque, aumentare la capacità di fare tamponi e creare dei sistemi informatici di geolocalizzazione. “Era una cosa su cui ci saremmo dovuti attrezzare molto tempo fa”, sottolinea.

L’esperto, in tal senso, rimprovera principalmente due errori alla politica italiana. “Ad aprile dello scorso anno, dopo il lockdown, credevamo che il virus si sarebbe estinto, mentre ad aprile di quest’anno abbiamo creduto che con il vaccino non avremmo avuto più problemi”. Ciò, in entrambi i casi, non è accaduto. Adesso, invece, si sta tentando di percorrere la via del Green Pass per tornare alla normalità: “Dal punto di vista della sanità non è uno strumento, perché non dà informazioni sull’impatto che ha sulla trasmissibilità”. Esso, piuttosto, ha un impatto positivo perché “convince la gente a vaccinarsi”. Più gente si vaccina e minore è la trasmissione del virus e, dunque, la possibilità di vedere nascere nuove varianti.