L’epidemia di covid potrebbe letteralmente esplodere nei prossimi giorni a causa delle numerose varianti circolanti in queste ultime settimane. Ne è convinto Andrea Crisanti, professore e microbiologo dell’università di Padova, che parlando ai microfoni di Un Giorno da Pecora, su Radio Rai, ha spiegato senza troppi giorni di parole: “La variante inglese ha una capacità di trasmissibilità elevatissima: in Inghilterra sono passati da 10mila a 60mila in tre settimane. Se mi aspetto un aumento notevole dei contagiati viste queste premesse? Si, nelle prossime due o tre settimane, a meno che non si adottino misure di contenimento”.



Quindi Crisanti è entrato più nel dettaglio: “Se rimaniamo con le zone gialle e si fanno addirittura bianche e riapriamo tutto potremo tranquillamente arrivare a 30/40mila casi entro metà marzo“. Il professore è convinto che bisognerebbe intervenire con un lockdown più duro: “Le zone rosse possono funzionare ma se abbiamo dei focolai con variante brasiliana e sudafricana questo tipo di zona non può bastare: bisogna chiudere. Servono misure draconiane, perché se si diffondono queste varianti abbiamo eliminato l’arma che abbiamo, il vaccino”.



CRISANTI: “SERVONO ZONE ARANCIONI, ROSSE E LOCKDOWN CHIRURGICI”

La strategia di Crisanti è quindi quella di abolire le zone gialle, attuando zone rosse e arancioni, con un ulteriore grado di sicurezza in quelle zone dove le varianti hanno preso il sopravvento: “Serve una doppia strategia, di medio contenimento con zone arancioni e zone rosse, le quali potrebbero andare bene in determinate situazioni, ma non dove circolano le varianti. In Italia ci sono un paio di focolai, in Umbria e in Abruzzo, in questi casi bisogna fare un lockdown chirurgico”. Crisanti è sempre stato un fautore del “pugno duro” nei confronti del covid, e in un’intervista di pochi giorni fa aveva specificato: “Bisogna mettersi una cosa in testa: finché non controlliamo il virus, la realtà è questa e bisogna mettersi l’anima in pace. Se avessimo fatto il lockdown a dicembre e poi ora il controllo delle varianti, noi oggi avremmo gli impianti sciistici aperti probabilmente”.

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