Il bollettino di ieri sul coronavirus in Italia ha fatto registrare un record di tamponi: oltre 125mila. Per Andrea Crisanti però è “acqua fresca”, perché bisognerebbe puntare sui 300-400mila test al giorno. Il direttore del Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Padova a fine agosto presentò al governo un piano per quadruplicarli. “L’ho consegnato al ministro Federico D’Incà e al viceministro Pierpaolo Sileri che lo hanno sottoposto al Cts. Poi non ne ho saputo più nulla”, dichiara nell’intervista rilasciata a Repubblica. Quello suggerito dal microbiologo era un investimento logistico importante realizzabile in 2-3 mesi, la creazione di aree mobili di supporto sul territorio e tamponi low cost da 2 euro come quelli usati a Padova. “Avevo semplicemente previsto che la ripresa delle scuole e delle attività produttive avrebbe generato un notevole aumento delle richieste di tamponi”, spiega Crisanti. E poi lancia un importante avvertimento: “Lo dico contro me stesso: forse ad agosto eravamo già in ritardo e ora ne paghiamo le conseguenze”.
CRISANTI VS GOVERNO “NON SI È FATTO NULLA PER MESI”
Secondo Andrea Crisanti sono stati persi 4 mesi. “L’aver pensato che era tutto finito perché avevamo 100 casi al giorno è stata un’illusione e nel frattempo non s’è fatto nulla”, dice nell’intervista a Repubblica. E ritiene che quelle risorse usate per bonus bici e banchi potevano essere invece investite nella creazione di un sistema sanitario di sorveglianza per mettere il Paese in sicurezza. E invece ci siamo concentrati sul contact tracing, ma “con la ripartenza di scuola e lavoro abbiamo dato più opportunità al virus di trasmettersi”. Quindi, sono aumentati i casi e ora si è saturi di richieste di tracciamento. “Il sistema italiano è chiaramente in affanno. Ma non c’è sistema sanitario in Europa in grado di reggere 4-5 mila richieste al giorno di contact tracing”. Le critiche che muove Crisanti al governo sono pesanti: “C’è una disorganizzazione totale”. Il piano di sorveglianza non va lasciato alle iniziative locali, deve essere coordinato dallo Stato. Infine, le restrizioni non bastano senza investimenti sanitari. “I fondi del Mes sono disponibili da ora: li usassero. Il virus si batte solo così, sul campo, con lo screening sui territori e la ricerca”.